Un anniversario di grande
importanza verrà celebrato quest’anno da tutto l’Ordine Francescano a ben
ottocento anni da quel fatidico e per certi versi misterioso e
controverso incontro tra S.Francesco d’Assisi e il Sultano di Egitto Malik al
Kamil, in quello che rappresenta uno dei più straordinari gesti di pace nella
storia del dialogo tra Islam e Cristianesimo ed ancora oggi così significativo
e attuale per le sue conseguenze nel dialogo interreligioso e per la pace
mondiale, tanto da rimanere, pur a distanza di molti secoli, l’avvenimento
esclusivo che indica la rotta da cui partire nella ricerca di intesa e armonia
tra Oriente e Occidente.
Questa in sintesi la storia : Francesco d’Assisi
voleva andare a tutti i costi tra i musulmani per annunciare loro il Vangelo e,
non è da escludersi, anche per sete di martirio, tanto che per tre volte fece i
suoi tentativi, senza scoraggiarsi dei fallimenti. Nel 1211 si era imbarcato ad Ancona per la
Siria, ma i venti spinsero la nave in Dalmazia, da dove tornò ad Ancona. Nel
1212-13 si era recato in Spagna per passare in Marocco, ma una malattia lo
fermò e lo costrinse a tornare alla Porziuncola. La volta buona si concretizzò
nell’agosto del 1219 quando Francesco, probabilmente accompagnato da Frate
Illuminato giunse in Oriente, dove da due anni i crociati cercavano invano di
sfondare le difese musulmane per riprendersi Gerusalemme. La Palestina apparteneva
allora al sultano egiziano ayyubide, di
origine kurda, al-Malik al-Kāmil (successo al padre, fratello del Saladino, nel
1218, a crociata già iniziata). Vista l’impossibilità di avanzare verso la
Città Santa, le operazioni militari si diressero contro
l’Egitto, dove appunto risiedeva il Sultano, concentrandosi attorno al porto
strategico di Damietta di cui la flotta
crociata aveva iniziato l’assedio il 29 maggio 1218.
I capi cristiani erano il re
titolare di Gerusalemme Giovanni di Brienne (nato nel 1148, morto nel 1237), il
re di Ungheria Andrea II (1205-1235), il duca d’Austria Leopoldo VI di
Babenberg (1198-1230). Ma un grande peso decisionale aveva il legato papale,
cardinale di Albano, Pelagio Galvao, benedettino portoghese.
In questo clima di guerra
Francesco, insieme a frate Illuminato, ottenne dal legato pontificio il
permesso di poter passare, durante la tregua tra la sconfitta del 29 agosto
1219 e la vittoria crociata del novembre dello stesso anno, nel campo saraceno,
per incontrare, disarmati, a loro rischio e pericolo, lo stesso sultano.
Scrive Jacques de Vitry, vescovo
di S. Giovanni d’Acri, in una lettera della primavera del 1220 al papa Onorio
III: “non ebbe timore di portarsi in mezzo all’esercito dei nostri nemici e per
molti giorni predicò ai saraceni la parola di Dio, ma senza molto frutto”.
Francesco s’incontrò col
direttore spirituale e consigliere di al-Kamil: il sapiente Fakhr ad-din al Fârisî. Che cosa si siano
detti non è dato sapere.
Scopo dell'incontro era quello di
poter predicare il Vangelo personalmente al sultano, al fine di convertire lui
e i suoi soldati, o quanto meno di arrendersi, onde evitare inutili spargimenti
di sangue. Il sultano per alcuni giorni l’ascoltò, poi, preso dal timore che
qualcuno del suo esercito passasse all’esercito cristiano, comandò che fosse
ricondotto nel campo crociato, con un salvacondotto da utilizzare per visitare
la Palestina. A parte ciò le uniche notizie sicure attestano ch’egli restò a
Damietta fin quando la città fu presa dai musulmani, dopodiché, disgustato
dalle violenze compiute dai crociati, se ne andò via e si fermò per qualche
tempo in Siria; poi fece ritorno in Italia. Aveva capito, proprio a Damietta,
che una guerra per motivi religiosi non avrebbe portato ad alcun positivo risultato.
Pochi anni dopo infatti i crociati capitolarono senza aver ottenuto nient’altro
che un bagno di sangue.
Che l’incontro tra Francesco ed
il Sultano sia veramente avvenuto non è un fatto che possa essere messo in
discussione. Oltre le testimonianze dei biografi dell’Ordine ve ne sono altre
di personaggi altrettanto attendibili
come quella di Ernoul, un cavaliere che partecipò alla V crociata, del
cardinale Giacomo da Vitry, che incontrò Francesco nel campo crociato, e la
biografia del teologo Fakhr ad-din Ak Farisi, uno dei dottori musulmani
presenti all'incontro.
Varie e controverse sono le
interpretazioni che la storiografia ha dato alle motivazioni che spinsero
Francesco ad un così rischioso incontro in nome di "un grande bene".
Qual’era il gran bene cui Francesco intendeva riferirsi? Brama di martirio come
sostengono le Fonti Francescane? Missione evangelizzatrice? Trasformazione della
tregua in una vera pace? Ansia di conoscere da vicino una cultura ritenuta da
tutti eretica e pericolosa ? ( Il sultano veniva anche conosciuto col nome di “
Terribile bestia “ ). Ma colui che aveva già ammansito lupi e briganti poteva
temere un uomo differente per usi e credo religioso e solo per questo
condividere l’idea crociata del suo annientamento?
La problematica sottesa
all’episodio di questo incontro è di per sé immensa. Al di là delle varie
letture che nel corso dei secoli sono state date a questo episodio storico, è
possibile intravedere in filigrana nella figura di san Francesco un precursore
del dialogo interreligioso contemporaneo tra Cristianesimo ed Islam? La
risposta, per quanto problematica ed articolata, non può che risultare in
estrema sintesi positiva. Precursore, però, del vero dialogo interreligioso,
quello cioè di chi è convinto della sua identità, e non teme di mettersi a
confronto seriamente e coraggiosamente con l' "altro", visto non più
stereotipicamente come una bestia, ma un fratello da conoscere rispettare ed
amare.
Antonio Fasolo, ofs