Fiction Rai - "Francesco e Chiara"

da Squilla, 2008
AFFINITA’ ELETTIVA
I DUE POVERELLI E IL VERO AMORE 
di p. Raniero Cantalamessa

È divenuto un luogo comune parlare dell’amicizia tra Chiara e Francesco in termini di amore umano. Nel suo noto saggio su Innamoramento e amore, Francesco Alberoni scrive che «il rapporto fra santa Chiara e san Francesco ha tutti i caratteri di un innamoramento trasferito (o sublimato) nella divinità».
La fiction Francesco e Chiara di Fabrizio Costa, meglio forse di Fratello Sole e sorella Luna di Zeffirelli ha saputo evitare questo cedimento al gusto del momento, senza nulla togliere alla bellezza anche umana di un tale incontro. Come ogni uomo, anche se santo, Francesco può aver sperimentato il richiamo della donna e del sesso. Le fonti riferiscono che per vincere una tentazione del genere una volta il santo si rotolò d’inverno nella neve. Ma non si trattava di Chiara!

Quando un uomo e una donna sono uniti in Dio, questo vincolo, se è autentico, esclude ogni attrazione di tipo erotico, senza neppure che ci sia lotta. È come messo al riparo. È un altro tipo di rapporto. Tra Chiara e Francesco c’era certamente un fortissimo legame anche umano, ma di tipo paterno e filiale, non sponsale. Francesco chiamava Chiara la sua «pianticella» e Chiara chiamava Francesco «il nostro Padre». L’intesa straordinariamente profonda tra Francesco e Chiara che caratterizza l’epopea francescana non viene «dalla carne e dal sangue». Non è, per fare un esempio come quella tra Eloisa ed Abelardo, tra Dante e Beatrice. Se così fosse stato, avrebbe lasciato forse una traccia nella letteratura, ma non nella storia della santità. Con una nota espressione di Goethe, potremmo chiamare quella di Francesco e Chiara una «affinità elettiva », a patto di intendere «elettiva » non solo nel senso di persone che si sono scelte a vicenda, ma nel senso di persone che hanno fatto la stessa scelta.

Antoine de Saint-Exupéry ha scritto che «amarsi non vuol dire guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione».  Chiara e Francesco ...

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Chiara e Francesco non hanno davvero passato la vita a guardarsi l’un l’altro, a stare bene insieme. Si sono scambiati tra loro pochissime parole, quasi solo quelle riferite nelle fonti. C’era una stupenda riservatezza tra loro, tanto che il santo veniva a volte rimproverato amabilmente dai suoi frati di essere troppo duro con Chiara. Solo alle fine della vita, vediamo questo rigore nei rapporti attenuarsi e Francesco cercare sempre più spesso conforto e conferma presso la sua «Pianticella». È a San Damiano che si rifugia prossimo alla morte, divorato da malattie, ed è vicino a lei che intona il cantico di Frate Sole e di sorella Luna, con quell’elogio di «Sora Acqua», «utile et humile et pretiosa et casta», che sembra scritto pensando a Chiara.
Invece di guardarsi l’un l’altro, Chiara e Francesco hanno guardato nella stessa direzione. E si sa qual è stata per loro questa «direzione». Chiara e Francesco erano come i due occhi che guardano sempre nella stessa direzione. Due occhi non sono solo due occhi, cioè un occhio ripetuto due volte; nessuno dei due è solo un occhio di riserva o di ricambio. Due occhi che fissano l’oggetto da angolature diverse danno profondità, rilievo all’oggetto, permettono di «avvolgerlo» con lo sguardo. Così è stato per Chiara e Francesco. Essi hanno guardato lo stesso Dio, lo stesso Signore Gesù, lo stesso Crocifisso, la stessa Eucaristia, ma da «angolature», con doni e sensibilità propri: quelli maschili e quelli femminili. Insieme hanno colto di più di quanto avrebbero potuto fare due Franceschi o due Chiare.

Se c’è una lacuna nella fiction su Francesco e Chiara è forse l’insufficiente rilievo dato alla preghiera e con essa alla dimensione soprannaturale della loro vita. Una lacuna forse inevitabile quando la vita dei santi è portata sullo schermo. La preghiera è silenzio, quiete, solitudine, mentre la parola «cinema» viene dal greco kinema che significa movimento! Ha fatto eccezione il film Il grande silenzio - sulla vita dei certosini, ma anch’esso non reggerebbe sul piccolo schermo.

In passato si tendeva a presentare la personalità di Chiara troppo subordinata a quella di Francesco, appunto come «sorella Luna» che vive di riflesso della luce di «fratello Sole». Tanto più quindi è da lodare, nella fiction televisiva, la scelta di presentare Francesco e Chiara come due vite parallele, che si intrecciano e si svolgono in sincronia, con uguale spazio dato all’uno e all’altra. È la prima volta che avviene, in questa forma. Ciò risponde alla sensibilità attuale tesa a mettere in luce l’importanza della presenza femminile nella storia, ma nel caso nostro corrisponde alla realtà e non è una forzatura.

La scena che mi ha colpito di più vedendo, in anteprima, la fiction Francesco e Chiara è quella emblematica iniziale, una specie di chiave di lettura di tutta la storia. Francesco cammina a piedi scalzi, Chiara lo segue mettendo i suoi piedi, quasi per gioco, sulle orme lasciate da Francesco e alla domanda di lui: «Stai seguendo le mie orme?», risponde luminosa: «No, altre molto più profonde».
da“Avvenire”


il . punto

ALLA CROCIATA DA TESTIMONE

È la parte forse più interessante della sceneggiatura e anche la più innovativa. L’incontro tra Francesco e il sultano El Kamel non accredita la tesi di un Francesco pacifista ante litteram.
Spiega Franco Cardini, storico del Medioevo e gran studioso di Francesco, che è stato consulente della miniserie televisiva: «Certo, Francesco era contro la violenza, ma non contro le Crociate, volute dal Papa. E da cristiano del XII secolo pensava ai musulmani come a gente che doveva essere convertita, anche con le armi. Ma lui va dal sultano in veste di chierico, per testimoniare cosa vuol dire essere cristiano».
Quello che bisogna evitare, insomma, è di innamorarsi troppo di un’immagine agiografica di Francesco "pacifista girotodino", rimarca Cardini: «La scelta di andare dal sultano va letta alla luce dell’intera storia di Francesco, la cui preoccupazione è stata sempre quella di testimoniare la fede e non di convertire».
Il resto è leggenda: le visioni sulla sconfitta dei crociati, i presunti interventi di Francesco per evitare il combattimento. In realtà le fonti storiche dicono che Francesco abbia assistito alla sconfitta crociata di Damietta il 29 agosto 1219 e poi si incontrò con il sultano durante la tregua e le trattative diplomatiche. Ma lui non va a trattare nulla.
Analizzando le fonti, i francescani ritengono che il frate, inerme, lacero e sporco, sia stato accolto con rispetto e non ammazzato perché probabilmente lo considerarono un pazzo o un asceta. Il sultano, incuriosito, lo fece entrare nella sua tenda. Si può immaginare una disputa sulle religioni. Il fatto certo è che il Sultano restò stupito e lo ascoltò con interesse. Ecco perché Francesco non fa il diplomatico, ma solo testimonia la fede e capisce che anche i musulmani hanno una altrettanto profonda anima religiosa.

Alberto Bobbio
Famiglia Cristiana