CIO’ CHE MI SEMBRAVA AMARO….



C
ome tutti i veri cristiani Francesco non muore, ma passa da questo mondo al Padre. Perciò il quattro ottobre non è un giorno di lutto, ma di autentica festa. Per questo non parliamo di fine ma di transito. Per questo il nostro volto non conosce mestizia ma brilla di gioia e di felicità.
E che non siano soltanto parole, lo testimoniano i fatti ed i racconti dei suoi fratelli.
“Mentre i frati versavano amarissime lacrime  e si lamentavano desolati” ( 2Cel.217 ), il nostro santo era nella gioia ed aveva una tale libertà di spirito da chiedere del prezzemolo ( 2 Cel. 251 ) e da dimostrare il desiderio di gustare per l’ultima volta certi dolcetti di frate Giacomina ( Fior. 1946 ) .

Frate Elia quasi si scandalizza “Come può essere tanto felice dal momento che sta morendo ? Non dovrebbe forse il suo spirito concentrarsi sul pensiero della morte?".
La verità è che non potremo mai capre questo mistero e questa gioia dei santi se non ribaltiamo i termini della questione. Cos’è morte e cos’è vita? E, per farlo, dobbiamo ripensare ai primi tempi della conversione di San Francesco.
Come lui, anche noi proviamo una singolare e spontanea repulsione per il modo in cui la nostra vita sembra concludersi. Da quando poi la società ha deciso di mettere Dio nel dimenticatoio, la morte ci fa ancora più orrore e tale repulsione sembra aumentare in proporzione all’accrescersi del progresso scientifico e del benessere, accompagnato da una certa ideologia e culto della salute che va ben oltre la doverosa e legittima lotta contro le malattie che affliggono l’uomo.


“E guardiamoci bene dalla malizia e dall’astuzia di Satana, il quale vuole che l’uomo non abbia la mente ed il cuore rivolti a Dio; e desidera, circuendo il cuore dell’uomo, con il pretesto di ricompensa o di aiuto, togliere o soffocare la parola ed i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell’uomo attraverso la cura e le preoccupazioni di questo mondo.
“ (RnB 22,57-59) E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credeva di avere, saranno loro tolte (FF.211).



E’ la stessa visione biblica che  quando parla di vita e di morte intende in realtà l’amicizia o l’eterna separazione da Dio. La morte crea imbarazzo. E’ un incidente, meglio non parlarne, o, se proprio si deve, meglio usare metafore, luoghi comuni. Così ti piomba addosso all’improvviso ed il tuo ricordo presto svanisce insieme alla vanità delle tue azioni. Ma così Cristo non può salvarti perché non hai mai obbedito al suo comando che ti invita a leggere con sguardo lucido il tuo destino “Convertitevi e vivrete“.

In effetti la conversione richiesta dal vangelo implica una certa forma di morte che ci conduce ad una vita nuova, attraverso la conformazione a Cristo. E’ singolare ed impressionante al tempo stesso come proprio la conversione ribalti anche il nostro rapporto con la morte tanto che le parole del testamento di Francesco laddove si accenna all’incontro col lebbroso possono tranquillamente applicarsi al suo incontro con sorella morte.
“Ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti un poco ed uscii dal mondo" (2 test. 1-4 FF.110 ).
                                                       
 Antonio Fasolo Ofs