«Passare dal Vangelo alla vita e dalla vita al
Vangelo». Regola O.f.s.
1^ gennaio: Solennità di SS. Maria, Madre di Dio (Lc. 2, 16-21)
La redenzione è
cominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei “le primizie dell’amore
misericordioso”, dal suo “sì” alla parola del Signore, dal suo consenso a
divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa
anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si
rende totalmente disponibile, come “l’ancella del Signore”, tutta dedita alla
sua volontà .
I pastori
tornano alla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è più
quella di prima. Anche noi non restiamo sempre al presepio. Ritornando alle
nostre occupazioni e condizioni abituali non dimentichiamo quella nascita,
quell’innocenza e quell’amore. Come la Vergine conserveremo nel cuore quegli
avvenimenti di Betlemme, per riviverli. I
fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più
dolce della nostra memoria.
Il brano
evangelico ricorda la base reale e storica su cui si fonda il titolo di Madre
di Dio: “Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la
circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo
prima di essere concepito nel grembo della madre”. Ma è Paolo che ci dà , nella
seconda lettura, la vera dimensione del mistero: “Quando venne la pienezza del
tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per
riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessero l’adozione a
figli”.
Nel titolo Madre
di Dio, Tertulliano attesta due concetti: che è vero uomo: “Perché diciamo che
Cristo è uomo, se non perché è nato da Maria, che è una creatura umana?”; che è
vero Dio, solo se Gesù è visto come Dio, è possibile chiamare Maria “Madre di
Dio”.
Infine, di Gesù,
egli attesta che è Dio e uomo in una sola persona. Se in Gesù umanità e
divinità fossero state unite di un’unione solo morale e non personale (così
pensavano gli eretici contro i quali fu definito il titolo “Madre di Dio” nel
concilio di Efeso del 431), ella non potrebbe essere detta più Madre di “Dio”,
ma solo Madre di “Gesù” o di “Cristo”.
Scegliendo
questa via materna Dio ha rivelato, nello stesso tempo, la dignità della donna.
L’affermazione
di Paolo “nato da donna” ha una portata universale e immensa, perché è la donna
stessa, ogni donna, che è stata elevata, in Maria, a tale incredibile altezza.
Maria è qui la donna. E Dio ci ha preceduti di molto nel conferire alla donna
un tale onore da lasciarci ammutoliti.
Dante Alighieri
ha racchiuso il duplice paradosso di Maria in un solo verso: “Vergine Madre,
figli del tuo Figlio!”.
Il titolo di
Madre di Dio è anche oggi il punto d’incontro e la base comune a tutti i
cristiani, da cui ripartire per ritrovare l’intesa intorno al posto di Maria
nella fede. Esso è l’unico titolo ecumenico, non solo di diritto, perché
definito in un concilio ecumenico, ma anche di fatto, in quanto riconosciuto da
tutte le maggiori Chiese cristiane.
foto: i mosaici sono di
Marko Rupnik
2^ Domenica dopo Natale (Gv.1, 1-18)
“Il Verbo si
fece carne”: è il contenuto del Natale. L’evangelista Giovanni vuol dire che il
Figlio di Dio, che esiste dall’eternità , che è Dio Creatore, che è fonte della
Vita e della Luce, è veramente uomo e non solo in apparenza.
Giovanni ha
riassunto tutta la sua visione del mistero di Cristo in un “inno”, il Prologo.
Esso però svolge una duplice funzione:
quella di inizio (prologo) e quella di conclusione (epilogo) di tutto il
Vangelo. In esso sono confluiti termini e temi diffusi in vari ambienti
religiosi del tempo, sia ebraici sia ellenistici. L’evangelista ha abbracciato
i temi, i simboli, le attese, tutto ciò che vi era di religiosamente più vivo
nel suo ambiente, per mostrarne il compimento in Cristo.
La Chiesa ha
colto fin dall’antichità la portata straordinaria di questo testo e ne ha avuto
sempre una particolare venerazione.
Secondo
sant’Agostino il Prologo di Giovanni “si doveva scrivere in lettere d’oro ed
esporlo presso tutte le chiese”. Proclamato nella terza Messa di questa festa
con le parole: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”,
illumina l’intero tempo natalizio, ma soprattutto annuncia già il mistero
pasquale.
L’affermazione
che illumina l’intero Prologo è il versetto “E il Verbo era Dio”. Questa
espressione dà a ogni affermazione successiva un carattere assoluto ed
universale. Gesù, come Verbo di Dio fatto carne è l’unico mediatore del Padre,
il mondo stesso gli appartiene, perché fu fatto “per mezzo di lui”. Egli è “la
luce vera che illumina ogni uomo”.
Il Prologo fu
composto in Asia Minore, in un contesto dominato dal sincretismo religioso e
dalla compresenza di una moltitudine di culti e vie di salvezza. Chi lo leggeva
ora si trovava dinanzi all’affermazione inaudita che non vi sono diverse vie
parallele per andare a Dio, ma che tutte le vie devono convergere su Cristo,
perché da lui parte l’unica via che conduce al Padre: “Dio nessuno l’ha mai
visto, il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”.
Il mondo pagano
rispose che un simile mistero non poteva essere accettato percorrendo “una sola
strada”. Una risposta tornata in voga al giorno d’oggi. In altre parole, non si
può conoscere Dio così com’è; dunque tutti i tentativi e le vie per arrivare a
lui sono ugualmente buoni e da rispettare. Sant’Agostino e la Chiesa d’oggi
danno la stessa risposta.
E’ vero che non
si può giungere alla verità per una sola via a meno che la verità non si faccia
essa stessa via, che è ciò che è avvenuto quando il Verbo si è fatto carne.
Colui che, in quanto Dio, era la verità e la vita, ora, in quanto uomo, è anche
la via!
Ecco la
grandiosa visione del Prologo. Cristo è per tutti gli uomini e di tutti gli
uomini.
Epifania del Signore (Mt. 2, 1-12)
Quel contrasto
tra l’indifferenza e l’ignoranza dei sommi sacerdoti e degli scribi, tra la
sospettosa ostilità di Erode e l’ardente gioiosa domanda dei Magi:”Dov’è il re
dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per
adorarlo!”Vengono i lontani, e, i vicini non si accorgono che è nato il
Salvatore!
Nel racconto
della visita dei Magi, all’elemento storico si mescola quello teologico e
simbolico. In altre parole, l’evangelista non ha inteso solo riferire dei
“fatti”, ma indicare delle cose da “fare”, ossia dei modelli da seguire o da
fuggire, da parte di chi legge.
Dal testo
emergono con chiarezza tre reazioni diverse all’annuncio della nascita di Gesù:
quello dei Magi, quello di Erode e quello dei sacerdoti. Iniziamo con i modelli
negativi. Erode, appena saputa la cosa,”si turba”, convoca una riunione dei
sacerdoti e dei dotti, non per conoscere la verità , ma per ordire un inganno.
Erode
rappresenta la persona che ha già fatto la sua scelta. Non vede che il proprio
tornaconto. Probabilmente pensa persino di fare il suo dovere, difendere la sua
regalità , il bene della nazione. E ordinare la strage degli innocenti doveva
sembrargli, come tanti dittatori della storia, una misura richiesta dal bene
pubblico, moralmente giustificata. Quanti “Erodi” ci sono al mondo d’oggi!
I sacerdoti e
gli scribi, consultati da Erode e dai Magi, non hanno esitazione nel dare la
risposta giusta. Sanno dove è nato il Messia, sanno indicarlo agli altri; ma
essi non si muovono. “Andate e poi riferiteci”. Si comportano come i cartelli
stradali: indicano la via da seguire, ma essi restano immobili ai lati della
strada.
Vediamo
simboleggiato in essi un atteggiamento diffuso anche tra noi. Sappiamo bene
cosa comporta seguire Gesù e, all’occorrenza, lo sappiamo spiegare anche agli
altri, ma ci manca il coraggio e la radicalità di metterlo in pratica fino in
fondo.
Come i sacerdoti
sapevano che Gesù si trovava a Betlemme, così noi battezzati, “testimoni di
Cristo”, sappiamo che Gesù si trova oggi tra i poveri, gli umili, i sofferenti.
E veniamo
finalmente ai protagonisti di questa festa, i Magi. Essi non istruiscono con le
parole, ma con i fatti, non con quello che dicono, ma con quello che fanno.
Essi non hanno
indugiato, si sono messi in cammino, hanno lasciato la sicurezza del proprio
ambiente, non hanno frapposto indugio, non si sono messi a calcolare le
incognite del viaggio, avrebbero perso la determinazione iniziale e si
sarebbero persi in vane e sterili considerazioni.
Un’ultima indicazione preziosa ci viene dai Magi:
“Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno
al proprio paese”.
Una volta
incontrato Cristo, non si può più tornare indietro per la stessa strada.
Cambiando la vita, cambia la via. Anche noi non possiamo percor-rere la stessa
strada: Gesù determina in noi un’ autentica svolta, un radicale cambiamento.
Battesimo di
Gesù (Mc. 1,7-11)
Il Battesimo di
Giovanni era importante come disposizione alla contrizione del cuore e
preparazione al lavacro vero ed
efficace: quello
nello Spirito, che solo Gesù avrebbe dato.
Nel Giordano non
fu l’acqua che santificò Gesù, ma Gesù che santificò l’acqua, e, non solo
quella del Giordano, ma quella di tutti i battisteri del mondo.
La festa del
Battesimo di Gesù è l’occasione annuale per riflettere sul nostro battesimo.
Nell’opinione di
molta gente il battesimo è spiegato come un entrare a far parte di una realtÃ
umana – la Chiesa- di cui forse non si condividono tutte le posizioni; viene
visto solo nella sua dimensione orizzontale. Di qui tante crisi e abbandoni e
perfino richieste di cancellare il proprio nome dal registro dei battesimi.
Ma il battesimo
è infinitamente di più. E’ entrare in una relazione stabile con Dio Padre come
figli, con Gesù come membra del suo corpo, con lo Spirito Santo come suo
tempio. Il bambino è battezzato nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, non nel nome del Papa, dei vescovi
e dei sacerdoti.
Spesso la gente
si pone una domanda circa il battesimo, ed è: perché battezzare da piccoli?
Perché non
attendere che siano grandi e decidano loro stessi liberamente?
La domanda è
seria e la risposta che offro è molto semplice. I genitori, nel procreare un
figlio, chiedono a lui il permesso di dargli la vita? Sicuramente sono convinti
che la vita è un dono e che un giorno, da adulto, lui di questo sarà loro
grato. In fondo non si chiede mai il permesso di fare un dono. E il battesimo è
questo: il dono della vita fatta all’uomo per i meriti di Cristo.
Tutto questo
suppone che i genitori siano credenti e intendano aiutare il figlio a
sviluppare il dono della fede. L’idea del limbo come un luogo senza gioia e
senza pena, in cui vanno tutti i bimbi non battezzati è da abbandonare. Dio è
amore e vuole che tutti siano salvi, anche chi vive fuori dalla Chiesa, senza
loro colpa.
Diverso è il
caso di chi trascura di ricevere il battesimo solo per pigrizia, avvertendo
magari, in fondo alla coscienza, l’importanza e la necessità . Diverso è il
caso di chi trascura di ricevere il battesimo solo per pigrizia, avvertendo
magari, in fondo alla coscienza, l’importanza e la necessità .
Personalmente
sono grata ai miei genitori di avermi fatto battezzare nei primi giorni di
vita. Non è la stessa cosa vivere l’infanzia e la giovinezza con la grazia
santificante, o senza di essa! E’ stato un dono così meraviglioso che
liberamente ho confermato con la mia professione di fede.
Commento alla foto: Il Battesimo di Cristo, di cui si parla
all’inizio del Vangelo, è immagine della sua morte e resurrezione; perciò
Cristo sembra morto ed è vestito come sulla croce, solo con un perizoma, con le
mani abbassate e gli occhi chiusi.
Cristo è come se fosse messo in una tomba
piena di luce, piena di oro.
Ai lati ci sono due montagne, come nella
tradizione iconografica, con in mezzo un fiume che sembra sprofondato in esse,
come a suggerire che dopo il peccato si è creata una spaccatura tra il mondo
spirituale e il mondo umano.
Cristo ha colmato questa spaccatura, questo
abisso tra il divino e l’umano.