45mo della morte di don Milani - I CARE - DON MILANI E LA SCUOLA DI BARBIANA - nel ricordo di Cesare Catarinozzi

nel 45mo della morte

UN ALTRO ANNO SCOLASTICO SI STA CHIUDENDO IN QUESTI GIORNI CON GLI ESAMI FINALI PER GLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI. RIPROPONIAMO UNO SCRITTO DI CESARE CATARINOZZI GIA' PUBBLICATO SU "SQUILA FRANCESCANA" RICORDANDO QUANTO HA NOI DA DIRE L'Articolo 34 della COSTITUZIONE RIGUARDO IL DIRITTO-DOVERE DELL'ISTRUZIONE:

"La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso."





Le persone della mia età ricordano come una volta, dopo la quinta elementare, ci fossero le medie per i figli delle famiglie abbienti e l’avviamento per i meno fortunati. Io, pur non essendo di famiglia particolarmente ricca, ho potuto frequentare le medie e proseguire fino all’università.
Ma è continuato il classismo nella scuola?
Vorrei parlarvi un po’ dell’esperienza di Don Lorenzo Milani, nato da un’agiata famiglia di intellettuali fiorentini nel 1923.

Ordinato sacerdote nel 1947, fu mandato come coadiutore a San Donato di Cadenzano, dove lavorò per una scuola di operai. Nel dicembre 1954, a causa di screzi con la Curia di Firenze, fu mandato a Barbiana, sperduto paesino di montagna, dove iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno. Opera della scuola di Barbiana fu la famosa “Lettera a una professoressa”, in cui gli alunni della scuola, aiutati da Don Lorenzo, denunciarono il metodo didattico che, a loro dire, favoriva solo i borghesi e i ricchi. 
Erano quelli anni che vedevano contrapporsi Comitati Civici e parrocchie con le Case del Popolo, i tempi di Don Camillo e Peppone. Don Milani condannò il danno che questo clima di contrapposizione recava ai piccoli montanari di Barbiana. Ci fu un impegno totale da parte sua per restituire, attraverso la scuola popolare, a giovani operai prima e a piccoli montanari poi, le occasioni per colmare il distacco che avevano nei confronti dei loro coetanei di città.
La sua scuola aveva il compito di sedere tra passato e futuro; da un lato formare nei ragazzi il senso della legalità, dall’altro la volontà di leggi migliori. Una scuola realizzata non come un dono da fare ai poveri, ma come un debito da pagare e un dono da ricevere. Negli anni in cui l’attività preferita di molti suoi confratelli era portare in giro la Madonna Pellegrina, Don Milani si occupava delle emergenze del lavoro che opprimevano i suoi giovani, rivendicando per loro quanto garantisce la Costituzione.
Il motto ispiratore della sua scuola era “I care” (me ne prendo cura), in contrapposizione al “me ne frego” di fascista memoria. Questa frase scritta su un cartello sottolineava le finalità educative della scuola. Vogliamo ricordare, di Don Milani, anche “L’obbedienza non è più una virtù”, in cui egli difende gli obiettori di coscienza dalle accuse dei cappellani militari. Don Milani si spense a soli 44 anni, un quarantennio fa . Le sue spoglie sono oggi ospitate in un piccolo cimitero, non lontano dalla scuola di Barbiana. Domanda aperta: esiste ancora il classismo nella nostra scuola?
 Cesare Catarinozzi, ofs