Ordine Francescano
Secolare:
forestieri e
pellegrini
a servizio dei
fratelli
Monica: Il Capitolo Nazionale ha visto la tua
nomina a Ministro Nazionale. Quali pensi che siano le priorità del tuo
intervento nell’OFS, quali gli ambiti su cui maggiormente intervenire?
Remo: Nel Capitolo (…) la Fraternità nazionale
dell’OFS d’Italia si è impegnata a leggere il nostro oggi in prospettiva
futura, con la volontà di dare un seguito fruttuoso al faticoso cammino vissuto
negli ultimi anni per la realizzazione dell’unità “strutturale” dell’Ordine.
Il mio primo
obiettivo, insieme a tutto il Consiglio nazionale, sarà quindi quello di
aiutare la Fraternità nazionale a passare da questa unità ad una comunione che
ci permetta di offrire concretamente il nostro contributo carismatico alla
missione della Chiesa.
Più saremo capaci
di prendere coscienza del nostro ruolo nelle mutate condizioni del tempo che
viviamo, più potremo proiettarci con efficacia all’esterno. In questo senso,
occorrerà innanzitutto investire molto nella formazione, con un progetto che abbia
un obiettivo chiaro e modalità efficaci, capaci di valorizzare al massimo e con
prospettiva missionaria, le dinamiche delle nostre Fraternità. Nello stesso
ambito, sarà importante aprirsi all’accoglienza del nuovo che viene, con umiltà
e docilità.
Monica: I rappresentanti dell’OFS, come
appartenenti ad un Ordine Francescano Secolare, sono laici che vivono la
propria vita nella società, quotidianamente. Come pensi che un francescano
secolare possa testimoniare la propria appartenenza all’Ordine e il proprio
essere cristiano oggi? Come si può vivere la povertà, l’umiltà o la carità?
Remo: La fedeltà alla nostra vocazione richiede
un’adesione totale al progetto evangelico, da incarnare attraverso scelte
coraggiose che vanno sostenute quotidianamente attraverso un percorso di
continua conversione, da costruire nella dimensione spirituale e nella
relazione con i propri fratelli in Fraternità.
Incarnare i
valori evangelici di povertà, umiltà e carità, come avvenne per Francesco,
richiede un continuo lavoro di liberazione personale, una destrutturazione che
noi in maniera particolare, viviamo in maniera tutta privilegiata, dalla
relazione con l’altro. Un percorso di apparente “svuotamento”, che deve poter
ribaltare la visione della propria vita, per acquisire lo stile delle
beatitudini evangeliche che Francesco ha ripercorso nella sua vita, lasciandone
traccia con la stesura delle Ammonizioni.
Solo chi si
riconosce creatura amata da un Dio Padre, povero, umile e caritatevole, può
però desiderare di rivivere le medesime esperienze e, in senso di minorità, può
vivere con spirito di “non possesso” la relazione con tutto ciò che lo
circonda, “creature animate e inanimate” e con sobrietà, come forestieri e
pellegrini, vivere “senza nulla di proprio”, che è cosa ben diversa dal non
avere proprietà. Ciò che si ha, va valorizzato con un’amministrazione sapiente
e con attenzione ai bisogni altrui, in spirito di carità.
Monica: Quanto è importante secondo
te la preghiera nella vita di tutti i giorni e quanto ritieni che sia
importante per le Fraternità OFS?
R. Trovare il tempo di “chiudersi nella propria stanza” ogni giorno, anche quando la preghiera appare sterile e non fruttuosa, è un esercizio che forma gradatamente la persona e la dispone a una sempre maggior docilità all’ascolto della Parola che indica il cammino della propria vita e aiuta a leggere con maggior sapienza ogni evento.
Per questo, occorre essere molto fermi, e
mai subordinare l’appuntamento con la preghiera quotidiana ai tanti impegni e
ritmi frenetici della nostra vita ordinaria.
Nei cori di alcune Chiese antiche, è facile trovare l’iscrizione: Si cor non orat, in vanum lingua laborat. Mi sembra un’affermazione abbastanza chiara per spiegare il valore assoluto che assume la preghiera, soprattutto per quelli che vogliono parlare di Dio o far parlare Dio attraverso la propria esistenza.La preghiera costante, manifesta la vivacità della relazione con Dio e assicura la vitalità della propria vocazione, aprendo a un dialogo capace di farsi lode oltre che invocazione, espressione di gratitudine oltre che di richiesta, così come vissuta da Francesco.
Nei cori di alcune Chiese antiche, è facile trovare l’iscrizione: Si cor non orat, in vanum lingua laborat. Mi sembra un’affermazione abbastanza chiara per spiegare il valore assoluto che assume la preghiera, soprattutto per quelli che vogliono parlare di Dio o far parlare Dio attraverso la propria esistenza.La preghiera costante, manifesta la vivacità della relazione con Dio e assicura la vitalità della propria vocazione, aprendo a un dialogo capace di farsi lode oltre che invocazione, espressione di gratitudine oltre che di richiesta, così come vissuta da Francesco.
Insieme alla preghiera personale, va
valorizzata la preghiera della Fraternità, che in questa dimensione orante,
consolida il rapporto con Dio e pone Cristo al centro, come in un cenacolo.
Una Fraternità che trascura la preghiera
limitandosi alla relazione fraterna tutta psicologica, si spegne nel
relativismo e diviene sterile.
Bonhoeffer, nel suo testo “Vita Comune”,
definisce la comunità (Fraternità) come realtà pneumatica e non della psiche,
che nasce quindi dallo Spirito.
Un’ulteriore conferma questa, a ricorrere
alla preghiera per favorire l’azione dello Spirito che plasma e rende fruttuosa
la vita della Fraternità.
Monica: Nel momento storico che stiamo vivendo, non pensi che l’attuale
crisi economica e culturale, possa essere un’occasione per noi cristiani e
francescani per impegnarci, metterci in gioco e intuire dove e come
intervenire?
Remo: Paradossalmente, la crisi che coinvolge la nostra società, può trasformarsi in una grande occasione di rinascita. Su questo terreno fertile, i cristiani, in senso assoluto, possono e devono offrire il loro apporto.
Noi francescani, in maniera particolare,
siamo chiamati a partecipare alla “ricostruzione” del tessuto sociale con la
proposta di nuovi stili di vita e nella valorizzazione della dignità di
ciascuno, nella ricerca di maggior equità, giustizia e pace, e del bene comune.
I francescani secolari, mossi
dall’attitudine alla costruzione di una Fraternità solidale, storicamente,
hanno sempre svolto un ruolo fondamentale in favore del bene comune e in
particolare a vantaggio dei più deboli e sofferenti, con un servizio silenzioso
ma assolutamente concreto oltre che profetico per la ricchezza delle
intuizioni, anche a livello economico.
E’ un momento propizio e una chiamata forte
ad impegnarsi sin da ora nella formazione di coscienze critiche e nella difesa
delle classi sociali più deboli, anche attraverso una proposta educativa per i
più giovani, con proposte e azioni concrete che coinvolgano ciascuno di noi
personalmente e il nostro Ordine, oltre che l’intera famiglia francescana, a
partire innanzitutto da una testimonianza di sobrietà e poi, di offerta
concreta.
Come già accade in alcune regioni, con case
di accoglienza, cooperative sociali e altre attività in favore dei più
svantaggiati, siamo indubbiamente ora sollecitati a incrementare gli sforzi,
per dare ragione alla speranza, con modalità che, mentre possono offrire un
aiuto pratico, svolgono un’azione fondamentale in ogni individuo col quale
entriamo in relazione, dimostrando che, oggi, essere fratelli è ancora
possibile.