CAMMINANDO NEL VANGELO / III DOMENICA DI PASQUA - ANNO C nel commento di Adelaide Rossi, ofs



3^ DOMENICA DI PASQUA (Gv. 21, 1-19)

Quando Gesù risorto si fa vicino, la pesca da sterile si fa copiosa. La Chiesa nel mondo riesce, la barca si colma, per l’opera dei “pescatori d’uomini”e perché Cristo risorto è sempre con lei.



Leggendo il Vangelo di Giovanni si nota che questo capitolo21 risulta,quasi essere un’aggiunta. Se così fosse, si potrebbe affermare l’evangelista stesso o qualcuno dei discepoli ha sentito il bisogno di insistere ancora una volta sulla resurrezione di Cristo. Questo è infatti l’insegnamento che si deduce dal brano evangelico: Gesù è risorto realmente, nel suo vero corpo. “Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione dai morti”, dirà Pietro negli Atti degli apostoli, riferendosi probabilmente proprio a questo episodio. (Atti 10,4). Alla scena di Gesù che mangia con gli apostoli segue il dialogo tra Gesù e Pietro. Tre domande: “Mi ami tu?”; tre risposte: “Tu sai che ti amo”; tre conclusioni: “Pasci le mie pecore!”. Con queste parole Gesù conferisce di fatto a Pietro – e, secondo l’interpretazione cristiana, ai successori – il compito di supremo e universale pastore del gregge di Cristo. Gli conferisce quel primato che gli aveva promesso quando aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa. A te darò le chiavi del regno dei cieli” (Mt. 16, 18-19).


La cosa che più commuove di questa pagina del Vangelo è che Gesù resta fedele alla promessa fatta a Pietro, nonostante egli fosse stato infedele alla promessa fatta a Gesù di non tradirlo mai, anche a costo della vita (cfr. Mt. 26, 35).
La triplice domanda di Gesù si spiega con il desiderio di dare a Pietro la possibilità di cancellare il suo triplice rinnegamento durante la passione. Dio è misericordia e dà agli uomini infinite possibilità. La fiducia e il perdono del Maestro hanno fatto di Pietro una persona nuova, forte, fedele fino alla morte. Egli ha pascolato il gregge di Cristo in quei difficili momenti quando bisognava uscire dalla Galilea e lanciarsi per le strade del mondo. Se imparassimo la lezione contenuta nell’agire di Cristo con Pietro, dando fiducia a qualcuno dopo che ha sbagliato una volta, quante meno persone fallite ed emarginate ci sarebbero nel mondo! 
Il dialogo tra Gesù e Pietro va trasferito nella vita di ognuno di noi. Sant’Agostino, commentando questo brano evangelico, dice: “Interrogando Pietro, Gesù interrogava anche ciascuno di noi”. La domanda: “Mi ami tu?” è rivolta ad ogni discepolo. Il cristianesimo non è un insieme di dottrine e pratiche; è qualcosa di molto più intimo e profondo, E’un rapporto di amicizia con la persona di Gesù Cristo. Tante volte, durante la vita terrena, aveva chiesto alle persone: “Credi tu?”, ma mai: “Mi ami tu?”. Lo fa solo ora, dopo che, nella passione e morte, ha dato la prova di quanto lui ha amato noi. Gesù fa consistere l’amore per lui, nel servire gli altri. “Mi ami tu? Pasci le mie pecorelle”. Non vuole essere lui a ricevere i frutti di questo amore, ma vuole che siano le sue pecore. Egli è il destinatario dell’amore di Pietro, ma non il beneficiario. Anche il nostro amore per Cristo non deve restare un fatto intimistico e sentimentale, ma si deve esprimere nel servizio degli altri, nel fare del bene al prossimo. Madre Teresa di Calcutta era solita dire: “Il frutto dell’amore è il servizio e il frutto del servizio è la pace”.
Adelaide Rossi, ofs


note / QUELLE TRE DOMANDE ...

Seguiamo le tre domande, sempre uguali, sempre diverse: Simone, mi ami più di tutti? Pietro risponde con un altro verbo, quello più umile dell'amicizia e dell'affetto: ti voglio bene. Anche nella seconda risposta Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce bene il cuore dell'uomo: ti sono amico. Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario. Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina, lo raggiunge là dov'è: Simone, mi vuoi bene? Dammi affetto, se l'amore è troppo; amicizia, se l'amore ti mette paura. Pietro, sei mio amico? E mi basterà, perché il tuo desiderio di amore è già amore.
Gesù rallenta il passo sul ritmo del nostro, la misura di Pietro diventa più importante di se stesso: l'amore vero mette il tu prima dell'io. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio mendicante d'amore, Dio delle briciole, cui basta così poco, e un cuore sincero.
Nell'ultimo giorno sono certo che se anche per mille volte avrò tradito, il Signore per mille volte mi chiederà soltanto questo: Mi vuoi bene? E io non dovrò fare altro che rispondere per mille volte, soltanto questo: Ti voglio bene.
Ermes Ronchi
Avvenire, 11/04/2013

Nelle prime due volte Gesù usa il verbo agapao (amare), e Pietro gli risponde con il verbo fileo (voler bene). Allora Gesù, quasi volesse facilitarli il compito, la terza volta usa anch'egli voler bene (fileo), e finalmente s'incontra con Pietro che continua a rispondergli con lo stesso verbo. (da: Alberto Maggi e Antonio Thellung, La conversione dei buoni, Cittadella editrice, 2004).