CAMMINANDO NEL VANGELO / V DOMENICA DI PASQUA - ANNO C nel commento di Adelaide Rossi, ofs


5^ DOMENICA DI PASQUA  (Gv. 13, 31-33a. 34-35)

Giuda è uscito, tornerà traditore con quanti porteranno Cristo alla croce. Ora Cristo vede proprio in questa vicenda la sua glorificazione. Per l’uomo la croce è fallimento e ignominia; per il Signore e secondo il disegno di Dio essa è glorificazione.

C’è una parola che ricorre più volte nelle letture di questa domenica. Si parla di “un nuovo cielo e una nuova terra”, della “nuova Gerusalemme”, di Dio che fa “nuove tutte le cose” e infine, nel Vangelo, del “comandamento nuovo”: 
  • “…che vi amiate gli uni e gli altri, come io ho amato voi”.


“Nuovo”, “novità” appartengono a quel numero di parole che evocano sempre e solo sensi positivi. Vita nuova, vestito nuovo, anno nuovo … “Nuova” e “novella”, come aggettivi, significano una cosa nuova e, come sostantivi, una notizia. Il Vangelo si chiama “buona novella” proprio perché contiene la novità per eccellenza

Perché ci piace tanto il nuovo? Non solo perché ciò che non è usato, in genere, funziona meglio (es. un automobile). Non è solo per questo.

Il motivo profondo è che la novità, ciò che non è ancora conosciuto e sperimentato, lascia più spazio all’attesa, alla speranza, al sogno. E la felicità è proprio questa. Se fossimo sicuri che l’anno nuovo ci riserverà esattamente le stesse cose del vecchio, già non ci piacerebbe più. Nuovo non si oppone ad “antico”, ma a “vecchio”. Anche “antico” e “antichità”, “antiquario” sono parole positive. Qual è la differenza? Vecchio è ciò che con il passare del tempo peggiora e perde valore. Per questo oggi si cerca di evitare di usare l’espressione “Vecchio Testamento” e si preferisce parlare invece di “Antico Testamento”.

Adesso però torniamo al Vangelo. Come mai si definisce “nuovo” un comandamento che era noto già dall’Antico Testamento (cfr.Levitico 19, 18)? Qui ci torna utile la definizione tra vecchio e antico. “Nuovo” non si oppone, in questo caso, a “antico”, ma a “vecchio”. Lo stesso evangelista Giovanni in un altro passo scrive:

“Carissimi, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un comandamento antico…E tuttavia è un comandamento nuovo quello di cui vi scrivo” (1 Gv.2, 7-8).
Insomma il comandamento è nuovo o antico? L’una e l’altra cosa. Antico secondo la lettura, perché era stato dato da tempo;  nuovo secondo lo Spirito, perché solo con Cristo è data anche la forza di metterlo in pratica. Nuovo si oppone qui a vecchio. Quello di amare il prossimo “come se stessi” era diventato un comandamento “vecchio”, cioè debole e consunto, a forza di essere trasgredito, perché la legge imponeva sì l’obbligo di amare, ma non dava la forza per farlo

Occorreva, per questo, la grazia. E infatti non è durante la vita di Gesù che il comandamento dell’amore diventa nuovo, ma quando morendo sulla croce e dandoci lo Spirito Santo, ci rende, di fatto, capaci di amarci gli uni gli altri, infondendo in noi l’amore che egli stesso ha per ognuno. Il comandamento di Gesù è un comandamento nuovo perché rinnova, fa nuovi, trasforma tutto.

E a proposito sant’Agostino scrive:

“E questo amore che ci rinnova, rendendoci uomini nuovi, eredi del Testamento nuovo, cantori del cantico nuovo”. Se l’amore parlasse, potrebbe fare sue le parole che Dio pronuncia nella seconda lettura di oggi: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.