SOLIDARIETA' E RELAZIONI UMANE



Solidalietà &
   Relazioni umane

SOLIDARIETA’ – La Solidarietà è un segno di quella capacità di bene che contraddistingue l’uomo, L’uomo è capace di bene, è capace di rapportarsi all’altro secondo una relazione di bene.

Le relazioni tra gli uomini sono dettate – come in tutti gli esseri viventi – da un impulso di sopravvivenza per il quale si va “verso” il proprio simile per la propria auto-conservazione. Un esempio ancestrale è quello dei rapporti di parentela o di clan, che vale per molte specie viventi. Ogni uomo va “verso” l’altro per garantire la perseveranza nel proprio essere. In quest’accezione la “relazione” tra gli esseri viventi si chiama guerra.

In un recente convegno, promosso dalla Chiesa ambrosiana, “Gratuità per fare la storia”, Silvano Petrosino, docente dell’Università Cattolica di Milano, è entrato in merito alla declinazione del termine “solidarietà” per scevrare ogni equivoco che esso possa portare con sé: “La relazione di bene, di cui la solidarietà è una delle manifestazio-ni, perché essa rinvia ad un legame con l’altro non più definito dal “verso”, ma dal “per”: l’uomo è capace di andare verso l’altro non per sé ma per l’altro. Questa idea del bene descostruisce l’idea stessa di esistenza: quest’ultima non si esaurisce nella sola perseveranza in sé, nella chiusura nel proprio essere, ma si dilata nell’apertura per l’essere dell’altro”.

L’uomo è naturalmente capace di distinguere il bene dal male, di agire secondo coscienza. Boezio diceva che tra tutti gli animali, l’uomo è l’unico capace di guardare verso il cielo. E’ in merito a questa “capacità di bene” che l’antropologia e teologia cristiana fanno riferimento alla “centralità dell’uomo nell’universo”. Posizione non scontata, anzi particolarmente avversa nei nostri tempi, e soprattutto carica di conseguenze per il nostro agire in questo mondo. L’uomo – ha spiegato poi Silvano Petrosino – è il centro di un “luogo” spirituale, che non è semplicemente uno “spazio” fisico, rifacendosi sia al logos filosofico sia al logos biblico.

Isaia, 1, 13-17 – “Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio per me; non posso sopportare noviluni, sabati, assemblee sacre, delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso; sono stanco di sopportarli (…). Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova.

“Un Dio che afferma di non sopportare noviluni, sabati e assemblee sacre – commenta il Silvano Petrosino – è davvero sorprendente ma ancora più sorprendente è l’idea di un uomo che un simile Dio propone: un uomo creato “a sua e somiglianza”, ciòè anch’egli capace di bene, capae non solo di far posto all’altro, ma addirittura di essere solidale con l’altro. Il vero culto è la vita stessa offerta per gli altri. Non semplicemente una vita offerta a Dio, ma offerta per gli altri. Le linee verticale e orizzontale si congiungono (…) Che l’uomo debba onorare e servire Dio è importante ma ovvio. Che Dio trovi il suo onore là dove si libera l’uomo non è ovvio”.

(Bruno Maggioni, Perché state a guardare il cielo. Le due strade per incontrare Dio, Vita&Pensiero editrice).

“Di fronte alla vertigine del bene – essere come Dio senza essere Dio – si rischia completamente di perdere la testa” - ha poi aggiunto Silvano Petrosino - “ci si può ad esempio assuefare ad un simile esercizio alimentando quello che Baudrillard ha definito un “surplus di ideologia altruistica”, “essa stessa burocratizzata”: “Lubrififucazione sociale” attraverso la sollecitudine, la ridistribuzione, il dono, la gratuitità, tutta propaganda caritativa e delle relazioni umane” (La Società dei Consumi, ed. Il Mulino).

La solidarietà si trasforma in “lubrificazione sociale” ogniqualvolta, smarrendo l’attenzione per la scandalosa concretezza dell’altro, ci si accontenta e in verità anche si gode dell’astrattezza stessa del gesto: perversione all’interno della quale la “passione” per la solidarietà prende il sopravvento sulla cura per l’unicità del singolo.

SOLIDALI, MA SENZA EQUIVOCI 

“Tra le mani dell’uomo il bene si trasforma spesso in male: si può fare della solidarietà, della beneficenza, della carità, del dono etc. l’oggetto del proprio godi-mento: non basta andare “verso” ma occorre essere “per” l’altro! Occorre resistere alla tentazione di fare della generosità un “fine”!

“Si può donare con generosità – ha precisato, infine, Silvano Petrosino – anzi, ogni autentica solidarietà e ogni dono implicano la “generosità”, ma no si può donare “per” generosità: se si donasse per essere generosi, per dare e darsi prova di essere generosi, in verità, non si donerebbe affatto ma sempliemente si “darebbe”, il più delle volte proprio per ricevere. In termini rigorosi si deve pertanto riconoscere che pefino la solidarietà e il dono possono trasformarsi in quell’idolo per eccellenza che è il potere. (…) Contro simili derive, bisogna salvaguardare con forza il debole statuto della solidarietà. Analogamente al dono, alla compassione, alla carità, al bene, anch’essa deve essere dunque scritta con la minuscola: nessun dovere, nessun obbligo, nessun potere, nessuna ideologia. Se fosse mai possibile – ecco la rivoluzione – solo bene”. 

Marco Stocchi, ofs


RELAZIONE - La parola relazione deriva dal verbo latino religare che vuol dire “legare insieme”: la relazione o re- l +- azione è l’azione che porta a legare insieme (re=insieme) cose e persone.  La relazione è, quindi, la capacità di creare legami. 
Oggi si parla tanto di difficoltà di relazione perché l’uomo è essenzialmente un individualista, portato a vivere da solo, a non riuscire ad intessere dei legami con i suoi simili, a chiudersi nel suo mondo e non riuscire a confrontarsi con gli altri e a vivere le sue esperienze alla luce della condivisione! E’ un fenomeno sociale molto profondo e negativo per la crescita delle nostre comunità (siano esse familiari, sociali, lavorative e  spirituali). L’uomo ha timore del confronto, preferisce chiudersi in se stesso perché ha paura dell’altro.


La relazione:


                     nasce dall’ascolto
                     si esprime nel dialogo

                     apre all’incontro 
                     cresce nella gratuità

                     si sviluppa attraverso la gioia                                                                                                 
                     si oppone all’indifferenza.

Il terziario francescano è chiamato a vivere il Vangelo in comunione fraterna. I membri dell’OFS, infatti, si riuniscono in comunità ecclesiali chiamate Fraternità (Cost. 3,3). Il terziario francescano non vive isolato ma in comunione con gli altri (fratelli della comunità e fratelli nel mondo): ama stare in Cristo e per Cristo vivendo una profonda comunione interiore intesa come impegno a raggiungere insieme la perfezione della carità. Comprende il dono dei fratelli accettandoli con gioia, con comprensione e, soprattutto, con i loro limiti.

Assunta Salticchioli, ofs