ANNO B / TERZA DOMENICA D'AVVENTO - commento di Adelaide Rossi

Giovanni è mandato da Dio per essere il testimone di Gesù che sta per venire. Non è lui il Cristo aspettato, ne è invece il messaggero che grida: “Preparate la via al Signore”.

3ª di Avvento
Is 61,1-2.10-11; C Lc 1,46-54; 
1 Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28


Dal Vangelo secondo Giovanni
 
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
 Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Per tre volte, nel brano evangelico, viene chiesto a Giovanni Battista: “Tu chi sei?” Le prime due volte egli risponde ciò che non è: “Io non sono il Cristo, non sono Elia”. La sua affermazione contrasta volutamente con quella del Cristo: “Io sono la via, io sono la porta, prima che Abramo fosse io sono; allora saprete che io sono…”.

Giovanni si dimostra il modello dell’uomo umile e religioso. E l’essenza della religiosità consiste proprio nel riconoscere l’infinita differenza qualitativa che c’è tra Dio e l’uomo. L’ “Io sono” che Dio pronuncia davanti a Mosè in Esodo 3 e che Gesù applicava a se stesso, significa anche “Io ci sono”, sono per voi, sono con voi. Dio usa la sua onnipotenza per noi, per salvarci. Nella prima lettura Gesù applica a sé le parole di Isaia e dichiara di essere stato mandato “a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi…”.

La domanda: “Chi sei tu?” si pone anche per noi e rispondere ad essa è l’inizio di ogni vera sapienza. Dal punto di vista religioso, alla domanda “Chi sei?”, ci sono tre sole risposte possibili: sono un credente, sono un non credente, sono un agnostico. Quest’ultima risposta può prendere due forme:
   1) sono uno che non sa se Dio esiste, ma sono in ricerca della verità e di Dio.
   2) sono uno che non sa se Dio esiste e a cui non interessa saperlo.
Quest’ultima è la posizione più pericolosa di tutte. Giovanni Battista protestò con forza: “Io non sono il Messia… sono soltanto un testimone della luce”.

Oggi, c’è una forma di ateismo che non si limita di negare l’esistenza di Dio, ma si arroga le prerogative di Dio, si mette al posto di Dio. C’è un messianismo della scienza che pretende di dare la salvezza, la risposta ultima, di essere l’unica vera luce. La figura e la parola del Battista sono un invito rivolto a tutti a rientrare in noi stessi. Alla terza domanda “Chi sei?” Giovanni Battista rispose dicendo finalmente quello che credeva di essere: “Io sono voce di uno che grida”.
Sant’Agostino ha spiegato la differenza tra la voce e la parola. Gesù è la Parola, il Verbo, lui la voce. La voce serve a trasportare la parola da colui che parla a colui che ascolta. Una volta assolto questo compito, la voce scompare, mentre la parola rimane in chi l’ascolta e, nel caso della Parola che è Cristo, lo salva.
Adelaide Rossi, ofs

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