IV Domenica di Quaresima -- Gv. 3,14-21 Commento di Adelaide Rossi



4ª DI QUARESIMA
2 Cr 36,14-16.19-23; Sal 136 (137);
Ef 2,4-10; Gv 3,14-21

15
DOMENICA

LO 4ª set
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
R Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.





In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:  «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.  FF : 758  
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.  FF : 186
Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».


Il serpente innalzato nel deserto, questo gesto non privo di mistero, si illumina quando se ne colga l’intenzione profetica. E’ l’immagine del Figlio dell’uomo, innalzato sul legno della croce.

Il brano del Vangelo di oggi si apre con una delle affermazioni, in assoluto più belle e consolanti della Bibbia: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, Perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. Il mondo è e rimane fondamentalmente ciò che Dio ha creato e ama!
Per parlarci del suo amore, Dio si è servito di esperienze che l’uomo fa nell’ambito naturale. Tutti gli amori umani (coniugale, paterno, materno, di amicizia) sono faville di un incendio, che ha in Dio la sua sorgente e la sua pienezza.
L’amore paterno è fatto di stimolo, di spinta. Il padre vuole far crescere il figlio, spingendolo a dare il meglio di sé. Per questo difficilmente, un papà loderà il figlio incondizionatamente in sua presenza. Ha paura che si creda arrivato e non si sforzi più. Un tratto d’amore paterno è anche la correzione. Ma un vero padre è anche colui che dà libertà, sicurezza al figlio, che lo fa sentire protetto nella vita. Ecco perché Dio si presenta all’uomo, lungo tutta la rivelazione, come la “sua roccia e il suo baluardo”.
L’amore materno è fatto invece di accoglienza, di compassione e di tenerezza; è un amore viscerale. Le madri sono sempre un po’ complici dei figli e spesso devono difenderli e intercedere per loro verso il padre. Si parla sempre della potenza di dio e della sua forza; ma la Bibbia ci parla anche della debolezza di Dio. E’ la “debolezza” materna.
L’uomo conosce per esperienza un altro tipo di amore, l’amore sponsale, di cui si dice che è “forte come la morte” e le cui vampe “sono vampe di fuoco”(Cantico dei cantici 8,6). E anche a questo tipo di amore Dio ha fatto ricorso per convincerci del suo appassionato amore per noi.
Gesù ha portato a compimento tutte queste forme di amore, ma ne ha aggiunto un’altra: l’amore di amicizia. Diceva ai suoi apostoli: “Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv. 15,15).
A noi non resta, dopo aver conosciuto questo amore, che credere nell’amore di Dio, accoglierlo; ripetere commossi, come san Giovanni: “Noi abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi!” (1Gv. 4,16).

ALTRI SPUNTI DI RIFLESSIONE:
 
1) Una prima linea che attraversa il legionario di oggi è quella negativa del peccato: Israele è infedele (2 Cron 36, 14), noi siamo morti per i nostri peccati (Ef. 2, 5), il mondo fa il male e odia la luce (Gv.3). La coscienza del proprio limite e della propria miseria è il primo passo per allontanare ogni negazione dell’amore, è il primo passo verso il Cristo salvatore.
2) C’è una seconda linea che percorre il legionario ed è quella del perdono: Israele può tornare nella sua terra dopo l’esilio (2 Cron 36, 22-23), noi riviviamo in Cristo (Ef. 2,5), il Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché il mondo si salvi (Gv 3, 16). Scoperta la propria miseria, si deve scoprire anche lo splendore della misericordia e dell’amore di Dio. Dio è “ricco di misericordia” (Dives in misericordia n. 7). Celebrare la Pasqua è celebrare la speranza nella misericordia divina.