La benemerita Agenzia stampa Zenit.org ha pubblicato un articolo sulla nostra basilica di Sant'Antonio dell'archeologo Paolo Lorizzo, che ci siamo permessi di pubblicare.
ROMA, 13 Luglio 2013 - La millenaria storia di Roma ci
ha spesso portati ad analizzare i monumenti che ne rappresentano la parte più
antica. Infatti abbiamo finora esaminato maggiormente edifici di culto
cristiani che si riferissero a periodi storici particolari, in cui la storia
del Cristianesimo si fondeva con quella dell’impero romano, a sottolineare il
graduale passaggio dal paganesimo al monoteismo. L’arte e l’architettura
paleocristiana spesso ci porta a vivere sensazioni più vicine a quella che era
l’essenza dei primi cristiani, alle sofferenze dei martiri e alle espressioni
artistiche più pure e dirette.
Con il passare dei secoli Roma ha probabilmente imbarbarito,
attraverso una continua evoluzione, quelli che erano i concetti artistici
primordiali, sviluppando forme ed idee nuove non sempre rispondenti ai
‘tematismi’ che erano in voga all’epoca della diffusione del Cristianesimo. Esempio tangibile di quanto finora affermato lo riscontriamo nella Basilica di Sant'Antonio da Padova al Laterano.
IL PANE DI S. ANTONIO Cappellina di S.Antonio nel Suo santuario romano di via Merulana |
SANT'ANTONIO DI PADOVA - Il Santo a cui venne
dedicato quest’edificio è praticamente sconosciuto nel culto della Capitale.
Sono pochi, infatti, gli edifici a Lui dedicati nonostante la tradizione
quasi millenaria. Sant’Antonio (al secolo Fernando Martins de Bulhões) nacque a
Lisbona nel 1195, ma viene comunemente definito il ‘Santo’ di Padova perché fu
proprio in questa città che realizzò gran parte delle sue attività religiose e
vi morì nel 1231 senza aver neanche compiuto 36 anni.
La sua vita fu dominata da molti viaggi che lo portarono a vivere molteplici esperienze. Tra le più importanti per la sua vita di predicazione fu senz’altro l’incontro con San Francesco d’Assisi nel 1221 durante il Capitolo Generale ad Assisi, nonostante la sua adesione al Francescanesimo fosse avvenuta già qualche tempo prima.
Lui, monaco agostiniano di Coimbra, decise di avvicinarsi al Francescanesimo e di aderirvi in seguito alla drammatica spedizione di cinque francescani nella terra musulmana del Marocco per evangelizzare le genti. In transito proprio a Coimbra, conobbero il futuro Antonio, rimasto dapprima colpito dalla loro iniziativa, e poi particolarmente scosso dalla loro uccisione avvenuta poco dopo la loro partenza. Ben presto prese la decisione di cambiare il suo nome da Fernando in Antonio, in onore del monaco orientale a cui era dedicato il romitorio di Olivais di Coimbra, luogo in cui vivevano e predicavano i francescani portoghesi e dove si trasferì.
Il contatto diretto con Francesco d’Assisi gli diede la possibilità di unirsi ai confratelli dell’eremo di Montepaolo, piccola località situata nei pressi di Forlì. Nonostante vi rimase soltanto un anno il suo soggiorno gli valse l’appellativo di Antonio di Forlì, fino a quando si trasferì a Padova ed acquisì la definitiva consacrazione di Antonio di Padova.
La sua vita fu dominata da molti viaggi che lo portarono a vivere molteplici esperienze. Tra le più importanti per la sua vita di predicazione fu senz’altro l’incontro con San Francesco d’Assisi nel 1221 durante il Capitolo Generale ad Assisi, nonostante la sua adesione al Francescanesimo fosse avvenuta già qualche tempo prima.
Lui, monaco agostiniano di Coimbra, decise di avvicinarsi al Francescanesimo e di aderirvi in seguito alla drammatica spedizione di cinque francescani nella terra musulmana del Marocco per evangelizzare le genti. In transito proprio a Coimbra, conobbero il futuro Antonio, rimasto dapprima colpito dalla loro iniziativa, e poi particolarmente scosso dalla loro uccisione avvenuta poco dopo la loro partenza. Ben presto prese la decisione di cambiare il suo nome da Fernando in Antonio, in onore del monaco orientale a cui era dedicato il romitorio di Olivais di Coimbra, luogo in cui vivevano e predicavano i francescani portoghesi e dove si trasferì.
Il contatto diretto con Francesco d’Assisi gli diede la possibilità di unirsi ai confratelli dell’eremo di Montepaolo, piccola località situata nei pressi di Forlì. Nonostante vi rimase soltanto un anno il suo soggiorno gli valse l’appellativo di Antonio di Forlì, fino a quando si trasferì a Padova ed acquisì la definitiva consacrazione di Antonio di Padova.
Venne fin da subito accreditato di numerosi miracoli e venne
canonizzato dal pontefice Gregorio IX a meno di un anno dalla sua morte,
rendendolo, fin da allora, il Santo più venerato al mondo.
BASILICA DI S. ANTONIO AL LATERANO - Nonostante Sant’Antonio rappresenti una delle figure più eminenti
del panorama cristiano, sono poche le testimonianze nel contesto capitolino.
Una di queste, senz’altro degna di valore, è la Basilica a Lui dedicata sul
colle Esquilino, ma costruita in epoca moderna dall’architetto Luca Carimini
tra il 1884 e il 1888 su incarico dell'Ordine dei Frati Minori.
Questa iniziativa venne attuata in seguito all’esproprio del convento francescano presso l'Aracoeli per la costruzione del monumento commemorativo a Vittorio Emanuele II (Altare dela Patria o Vittoriale).
L’edificio di culto (a cui si accompagna il convento) si affaccia sul lato sinistro di via Merulana e, nonostante sia una costruzione di moderna edificazione, presenta degli elementi chiaramente di riferimento arcaizzante. La facciata è scandita da una doppia scalinata che conduce ad un vestibolo d’accesso porticato decorato da pilastri e colonne ad essi addossate. A differenza delle chiese paleocristiane e medievali, la trabeazione non presenta iscrizioni monumentali ma soltanto elementi decorativi. La parte superiore della facciata è scandita da una fila di cinque finestre con ‘clipei’ di immagini sacre, un secondo piano con rosone centrale e due finestre laterali e il culmine della navata, più alta delle due laterali.
Questa iniziativa venne attuata in seguito all’esproprio del convento francescano presso l'Aracoeli per la costruzione del monumento commemorativo a Vittorio Emanuele II (Altare dela Patria o Vittoriale).
L’edificio di culto (a cui si accompagna il convento) si affaccia sul lato sinistro di via Merulana e, nonostante sia una costruzione di moderna edificazione, presenta degli elementi chiaramente di riferimento arcaizzante. La facciata è scandita da una doppia scalinata che conduce ad un vestibolo d’accesso porticato decorato da pilastri e colonne ad essi addossate. A differenza delle chiese paleocristiane e medievali, la trabeazione non presenta iscrizioni monumentali ma soltanto elementi decorativi. La parte superiore della facciata è scandita da una fila di cinque finestre con ‘clipei’ di immagini sacre, un secondo piano con rosone centrale e due finestre laterali e il culmine della navata, più alta delle due laterali.
Sant'Antonio s'affaccia su via Merulana. |
Sotto il portico è
presente una statua di Sant’Antonio
con il Bambino, ormai simbolo dell’intero edificio. L’interno,
seppur semplice e di gusto moderno, testimonia la capacità di realizzare alla
fine dell’800 edifici in grado di suscitare un certo interesse artistico,
richiamando chiaramente i concetti tradizionali. La triplice navata è scandita
da un doppio colonnato in granito rosa, che enfatizza la navata centrale
culminante con il coro absidale decorato da un affresco nella parte inferiore e
dall’organo in quello superiore, fiancheggiato da due affreschi. Seppur di
estrema semplicità, l’edificio può essere annoverato tra i più interessanti
luoghi di culto ottocenteschi realizzati a Roma.
Paolo Lorizzo è laureato in Studi
Orientali e specializzato in Egittologia presso l'Università degli Studi
di Roma de 'La Sapienza'. Esercita la professione di archeologo.
Invitiamo i lettori di "Squilla francescana"
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