San Francesco e l'elemosina
Il superfluo è un furto
di Felice Accrocca
Alcuni recenti gesti di Papa Francesco hanno alimentato una riflessione
sul senso dell'elemosina e sulla sua pratica nella vita della Chiesa.
La questione, in realtà, è sempre stata viva, perché aspetto essenziale
del più ampio problema relativo al rapporto del cristiano con la
ricchezza e i beni temporali, temi sui quali Gesù ha insistito con
forza.
I Padri della Chiesa espressero la convinzione che Dio avesse
destinato i beni della terra a tutti gli uomini, non solo ad alcuni; per
questo, molti di loro ritennero che il superfluo dei pochi fosse stato
in qualche modo sottratto alle necessità dei molti.
Basilio il Grande
l'affermava con chiarezza: "I beni che hai ricevuto per distribuirli a
tutti, te li sei accaparrati. Chi spoglia un uomo dei suoi vestiti è
chiamato predone, e chi non veste l'ignudo, potendolo fare, quale altro
nome merita? All'affamato appartiene il pane che tu nascondi;
dell'ignudo è il mantello che tu conservi nei tuoi armadi; dello scalzo i
sandali che ammuffiscono presso di te; del povero il denaro che tu
rinchiudi. Così tu commetti altrettanta ingiustizia quanti sono i poveri
che avresti potuto aiutare" (Omelia VI, 7; da Povertà e ricchezza nel
cristianesimo primitivo, a cura di Maria Grazia Mara, Roma 1980).
Tale insegnamento è stato tenuto ben presente al Concilio Vaticano II. I
padri conciliari, in un passo della Gaudium et spes, espressero infatti
la convinzione che i beni creati debbono "secondo un equo criterio
essere partecipati a tutti, avendo come guida la giustizia e compagna la
carità. (…) L'uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose
esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche
come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche
agli altri. (…) Questo ritenevano giusto i padri e dottori della Chiesa
quando hanno insegnato che gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i
poveri, e non soltanto con il loro superfluo. Colui che si trova in
estrema necessità, ha diritto di procurarsi il necessario dalle
ricchezze altrui. Considerando il fatto del numero assai elevato di
coloro che sono oppressi dalla fame, il sacro concilio richiama
urgentemente tutti, sia singoli che autorità pubbliche, affinché -
memori della sentenza dei padri: "Nutri colui che è moribondo per fame,
perché se non l'hai nutrito, l'hai ucciso" - realmente mettano a
disposizione e impieghino utilmente i propri beni, ciascuno secondo le
proprie risorse, specialmente fornendo ai singoli e ai popoli i mezzi
con cui essi possano provvedere a se stessi e svilupparsi" (n. 69).
da "L'Osservatore Romano" - 9 novembre 2013