1 Sam
3,3b-10.19; Sal 39 (40);
1 Cor
6,13c-15a.17-20; Gv 1,35-42
- Inizio Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani
- Giornata mondiale del migrante e del rifugiato
Gv
1,35-42
Il
giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo
sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due
discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù
allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa
cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove
dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli
dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno
dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era
Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e
gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse
da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio
di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro.
FF sta per Fonti Francescane - riferimenti tratti da "Bibbia francescana",
ed. Il Messaggero, Padova, 2014
La
prima parola pronunciata da Gesù nel Vangelo di Giovanni è una domanda: “Che
cercate?”. Essa è rivolta ai due discepoli di Giovanni Battista che un giorno
si staccarono dal loro maestro per seguire Gesù. Erano Andrea e l’evangelista
Giovanni.
Essere
in ricerca è una parola magica nel mondo d’oggi. Tutti amano definirsi persone
in ricerca. Ma la domanda di Cristo ci fa capire che la cosa più importante non
è il cercare, ma sapere cosa si vuole. Cercare di per sé è un’azione ambigua:
si può cercare il bene e il male. L’uomo è ciò che cerca.
Il
Vangelo ci aiuta a porci le domande decisive della vita: Chi siamo? Cosa
vogliamo? Cosa cercavano quei due discepoli di Giovanni Battista? Cercavano
l’Agnello di Dio!
Per
noi Agnello di Dio non è che uno dei tanti titoli di Cristo; non percepiamo più
la ricchezza di significato racchiusa in esso. Per un ebreo, l’espressione
evocava l’agnello pasquale dell’Esodo. Cercavano dunque il Messia; cercavano
Dio, non bastava loro più un maestro umano, fosse pure Giovanni Battista.
Il
Vangelo non si può leggere come un libro qualsiasi dell’antichità, da spiegare,
collocare nel suo contesto, rimanendo neutrali davanti ad esso.
Quella domanda ogni lettore la deve sentire rivolta a sé: Che cosa cerchi nella vita? Cerchi ancora qualcosa o qualcuno? Noi cerchiamo tante cose: un lavoro, una casa, un amico, un posto nel mondo… Il Vangelo non ci sottrae a tutte queste ricerche, non le sottovaluta, ma ci dà una ragione per cercare, in modo che attraverso tutte le nostre ricerche (anche quelle senza esito) noi raggiungiamo l’oggetto ultimo della nostra ricerca e cioè la felicità piena in Dio, perché, come dice sant’Agostino, siamo fatti per Dio e il nostro cuore è inquieto, insoddisfatto finché non riposa in lui.
Quella domanda ogni lettore la deve sentire rivolta a sé: Che cosa cerchi nella vita? Cerchi ancora qualcosa o qualcuno? Noi cerchiamo tante cose: un lavoro, una casa, un amico, un posto nel mondo… Il Vangelo non ci sottrae a tutte queste ricerche, non le sottovaluta, ma ci dà una ragione per cercare, in modo che attraverso tutte le nostre ricerche (anche quelle senza esito) noi raggiungiamo l’oggetto ultimo della nostra ricerca e cioè la felicità piena in Dio, perché, come dice sant’Agostino, siamo fatti per Dio e il nostro cuore è inquieto, insoddisfatto finché non riposa in lui.
Nella seconda parte dell’episodio
evangelico leggiamo l’esclamazione di Andrea: “Abbiamo trovato!”. I due discepoli
hanno risposto all’invito di Gesù: “Venite e vedete”, sono andati, hanno veduto
dove abitava, cosa diceva, come viveva, e hanno capito che la loro ricerca era
finita.
La conseguenza spontanea di tutto è il
bisogno impellente di testimoniare. Andrea va a dirlo a suo fratello Simone,
Filippo e altri diranno: “Abbiamo trovato!”. In poche righe è tracciato
l’itinerario completo di come si diventa
e che cosa comporta l’essere discepolo di Cristo.Questo passo evangelico mi ha suggerito altre riflessioni:
Il
movimento della vocazione è triplice.
Parte da un’iniziativa divina che ci strappa dalla banalità quotidiana
per lanciarci in un’avventura.
La vocazione è distacco dal passato, soprattutto peccaminoso (II lettura), e rischio.
La vocazione è distacco dal passato, soprattutto peccaminoso (II lettura), e rischio.
Il secondo movimento è quello della risposta gioiosa: “cercare-trovare”
e “seguire-rimanere” sono i verbi del cammino con Cristo per entrare in
comunione con lui.
Con il terzo movimento si giunge alla meta, si è creature nuove, con un
nuovo nome, con un “corpo” purificato, tempio dello Spirito.
In questa
vicenda esistenziale fondamentale decisivo è anche l’aiuto di una mano
fraterna, quella di un maestro, di un direttore spirituale. A volte è necessaria
la spinta di un altro.