Ero una vite assolutamente eccezionale, lo ammetto. Ora sono
solo un ricordo, ma una parte di me vive
qui, nel cortiletto accanto alla sacrestia della chiesa di san Francesco d’Assisi,
a Torino. Ero ben piantata nel centro di una piccoIa stanza attigua alla
sacrestia. Ero bella, robusta e soprattutto alta. Così avevano fatto un buco nella
volta e io avevo dispiegato i miei rami carichi di succosi grappoli sul tetto,
al sole e aIl'aria apert. Lo devo confessare: ero una vite felice, in mezzo al
traffico e al rumore della città. Ancora più felice divenni quando quel giovane
prete dai capelli ricciuti e perennemente arruffati cominciò le sue riunioni
con t suoi ragazzi. Si sedevano intorno a me e lui, don Giovanni Bosco, parlavaloro
di Dio e delle cose della fede, in un modo semplice e affettuoso, raccontando
fatti e storielle che incantavano r ragazzi.
Il numero dei ragazzi aumentava ogni settimana: arrivavano
vociando, felici di ritrovare il loro amico che li salutava tutti con visibile
affetto e gioia. I ragazzi erano il suo pensiero. Andava quasi ogni giorno a
visitarli in mezzo ai lavori, nelle botteghe e nelle fabbriche, parlava con
loro, si interessava dei loro problemi, li aiutava in qualunque cosa avessero
bisogno. “Finalmente abbiamo chi si prende cura di noi!” ripetevano quei
ragazzi che si affezionavano sempre di più a don Bosco.
Le riunioni passarono nel labratorio di san Bonaventura, la
piccola cappella attigua alla sacrestia. Così cominciarono a dire: “Ci vediamo
al laboratorio!”. Tanto che "andare da don Bosco" divenne anche
"andare al laboratorio".
E io, vite di città, prima solitaria, ero più felice che
mai. Anche se i miei grappoli non facevano in tempo a maturare che venivano
divorati dai miei giovani amici. Don Bosco accarezzava spesso il mio tronco
rugoso e contorto, con le sue forti mani da contadino, e si prendeva cura di
me. Venni a sapere che aveva quasi ultimato un volume dal titolo L'Enologo ltaliano, in cui dava consigli
sulla coltura delle viti e sullhrte di produrre e conservare il vino.
Ma il vino migliore, dolce e frizzante, santo come il vino
della Messa, era il suo amore per i giovani.
LA STORIA
“La domenica seguente, il 12
dicembre 1841, si vide in San Francesco un caro spettacolo.Sei ragazzetti male
in arnese, condotti da Nartolomeo Garelli, insieme con altri raccomandati da
don Cafasso, erano intenti alle parole del nuovo Apostolo della gioventù che
insegnava loro la via del paradiso. Il luogo delle prime riunioni fu uno
stanziono attiguo alla sagrestia, nel cui mezzo sprgeva una vite che, uscendo
da un foro della volta, ramificava e fruttificava sopra il tetto. Attorno
questa vite – attesta don Giacomelli – don Bosco raccolse e catechizzò il primo
drappello dei suoi piccoli amici” (G.V. Lemoyne, Vita di San Giovanni Bosco).
da Bollettino Salesiano - giugno 2015