Non c'è dialogo senza dolcezza e senza profumo!

I rabbini in Calabria alla ricerca
del frutto biblico per la festa delle capanne 
 
il cedro
albero perfetto

In Calabria, a novembre, si raccolgono i frutti del cedro, verde smeraldo, dalla buccia intensa, verdissima, che tende al giallo nella fase finale della maturazione. Non cresce ovunque. Anzi, in pochissimi luoghi,
perché è una pianta che patisce il freddo. Non è facile coltivarla, perché resta bassa ed esige uno sforzo eroico da parte dei contadini nella potatura e nella pulizia del terreno. Cresce solo nella parte nord della Calabria, nei pressi delle località dell'alto Tirreno Cosentino, nei paesi di Diamante, Santa Maria del Cedro, Cirella, Scalea.
Insomma, una pianta esigente, che per crescere ha bisogno del suo microclima, cioè di tutte quelle condizioni naturali di sole, di vento, di terreno che restano uniche. Microclima è una parola che mi piace molto, che dice una grande verità, non solo in botanica, ma soprattutto nella vita. In botanica, si parla del microclima che permette il fiorire e il maturare del cedro, nel nord della Calabria, e del bergamotto, nel sud, lungo la costa che da Locri scende verso Reggio. Se questi alberi vengono piantati altrove, sono belli ma non fioriscono, oppure, se fioriscono, non fanno poi frutto. Solo nel loro ambiente si fanno veri. È il mistero del microclima. Che cosa significa per noi? Che non tutti possono fiorire nello stesso luogo o allo stesso modo. Che non siamo livellati né omologati. Che per fiorire, ognuno di noi, misteriosamente, ha bisogno di un suo particolare microclima, fatto di relazioni autentiche, di affetti caldi, di volti accoglienti. Spesso non sai neanche tu perché. Ma senti che sei accolto, che ti guardano con simpatia, che il professore ti mette a tuo agio. E riesci a dare il meglio di te. Non si fiorisce, se non si è amati. Non si matura, se non si è accompagnati. E tu, non pretendere dall'altro una fioritura luminosa, se prima non gli crei le condizioni favorevoli. Il clima spesso è tutto. Tutto il resto viene dopo. Nessun amico, poi, va valutato fuori dal suo contesto. Lo stesso studio della storia richiede la conoscenza precisa del contesto. Nemmeno l'uomo del Medioevo lo puoi estrapolare dal suo microclima. Solo se contestualizzato, lo puoi capire.
Ma il cedro ha un'altra caratteristica speciale, che mi viene raccontata da Antonio, un amico gentile. Mi spiega che questo frutto è ricercatissimo dal mondo ebraico. Si narra, infatti, nella Bibbia, che nella festa delle Capanne o del Sukkòth, una festività ebraica molto importante, ogni famiglia deve prendere i frutti dagli alberi più belli, per ricordare a sé e ai propri figli che gli ebrei vissero per lunghi anni sotto le capanne, nutrendosi dei frutti della terra che Dio aveva loro offerto in abbondanza. La tradizione parla dei frutti di quattro alberi: palma, mirto, salice e cedro. Significano i quattro tipi umani, che incontriamo sul nostro cammino: la palma è l'uomo che possiede sapienza, ma poi non opera con coerenza.
Il mirto, invece, colui che agisce con rapidità, ma senza saggezza. Il salice è bello, ma è privo di opere e non ha senno. Il cedro, invece, fatto a forma di cuore nel suo frutto, rappresenta la perfezione, la somma di tutte le qualità, unendo bellezza con sapienza. Per questo, in particolari periodi dell'anno, si vedono arrivare in Calabria i rabbini più attenti e scrupolosi, quelli dalle papaline nere e dai lunghi riccioli che pendono sul viso. Scelgono con cura i loro cedri, un frutto che deve essere perfetto, senza rugosità, non maculato, di regolare forma conica, tale da richiamare l'armonia del cuore e la fragranza mistica della preghiera. Penso così a questa singolare coincidenza: la Calabria ancora una volta si fa ponte di dialogo tra culture e religioni diverse. Non con libri o dibattiti aridi, ma con la bellezza di un frutto dolcissimo. Non c'è dialogo senza dolcezza e senza profumo!
Giancarlo Bregantini, vescovo