Giovanna Casagrande: Camilla Battista e l'Osservanza, declinata al "femminile"

Qui di seguito è riportato l’intervento della prof. Giovanna Casagrande dell’Università degli Studi di Perugia.


Nel 1986 ebbe luogo a Foligno la mostra Sante e Beate Umbre tra il XIII e il XIV secolo con relativo catalogo. Le sante e beate considerate erano Chiara d’Assisi, la sorella Agnese, Margherita da Cortona, Angela da Foligno, Chiara da Montefalco, Margherita da Città di Castello [e Vanna da Orvieto]. Ricordo questa mostra perché mi si profila nella memoria come una sorta di “linea di demarcazione”. Già in precedenza si erano sviluppate ed incrementate le tematiche relative alla “storia delle donne” ed al “movimento religioso femminile”.
Dopo tale data non solo queste si ampliarono a dismisura, ma l’attenzione per sante e beate (umbre e non) è cresciuta in modo esponenziale. Si pensi a quanto si scrive e si pubblica ed alla quantità di convegni ed incontri attorno alle figure di Angela di Foligno, Margherita da Cortona, Chiara da Montefalco ….. e, ovviamente, Chiara d’Assisi.
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Lo sviluppo degli studi clariani ha oggi un culmine nella celebre “trilogia”: Chiara di Assisi e le sue fonti legislative. Sinossi cromatica [2003]; Chiara di Assisi. Una vita prende forma. Iter storico [2005]; Il Vangelo come forma di vita. In ascolto di Chiara e della sua Regola [2007]. È ovvio che la figura di Chiara, i suoi scritti, la dinamica di formazione dell’Ordo Sanctae Clarae tra XIII e XIV secolo (al tempo della grande affermazione dei Comuni) hanno costituito un enorme polo di attrazione per studi e ricerche. Mi pare che ora si sia aperto e/o ri-aperto un altro polo di attrazione di studi e ricerche, incentrato sui secoli XV-XVI, cioè a dire l’età umanistico-rinascimentale. Età pervasa di compresenza di realtà contraddittorie; luci ed ombre; corti; mecenatismo, splendore delle arti e delle lettere; equilibrio ed instabilità; fervore religioso che non viene meno, ma anche corruzione e decadenza dei costumi e della vita morale; superstizioni e devozioni; sante e streghe; clero, ordini religiosi, papato “mondanizzati” e in contrapposizione osservanze e “riforma cattolica”.
Osservanze quindi, osservanza francescana declinata anche al femminile! Mi hanno colpito i tre volumi apparsi “a raffica”: Uno sguardo oltre. Donne, letterate e sante nel movimento dell’Osservanza francescana [2007]; Cultura e desiderio di Dio. L’Umanesimo e le Clarisse dell’Osservanza [2008]; Il richiamo delle origini. Le Clarisse dell’Osservanza e le fonti clariane [2009]. Cui si aggiunge il volume in oggetto. 
La logica mi sembra ferrea: Chiara→l a regola di Chiara→l ’osservanza francescano-clariana che a tale regola si riconduce (almeno in parte considerevole).
Se una fioritura (cfr. Dalarun, p. 174) di sante e beate vi fu tra Duecento e Trecento, questa non ebbe accesso diretto alla scrittura: ciò vale, ad esempio, per Angela da Foligno, Chiara da Montefalco, Margherita da Cortona e per la stessa Chiara d’Assisi di cui conosciamo gli scritti, ma di cui, nonostante tutto, ignoriamo la dinamica di redazione. La seconda fioritura di sante, beate, religiose (in questo caso clarisse) presenta donne in grado di scrivere da sole e la lingua prescelta è il volgare. Si può discutere all’infinito su ciò, ma certo è che questo fu lo strumento espressivo privilegiato, che forse consentiva una comunicazione più vasta ed immediata.
È in questa seconda fioritura che si colloca Camilla Battista da Varano, proprio tra Quattrocento e Cinquecento. Il volume che si presenta è incentrato sull’itinerario spirituale della Beata, ma si può “dividere” in due parti: la seconda – con i saggi di Maranesi e Cogoni – è più strettamente di taglio spirituale-teologico; la prima – con i saggi di Sella, Scandella, Bartoli, Dejure – ha taglio più storico-culturale.
In primo luogo lo scenario storico-religioso di fondo è quello dell’Osservanza di cui Sella ripercorre le “tappe” articolate in tre “generazioni” (Ia – Paoluccio Trinci; IIa – le “quattro colonne”; IIIa dal 1472). Ed è a contatto con gli Osservanti che Camilla matura la sua esperienza religiosa. È proprio al tempo della Beata che l’Osservanza “presenta un carattere che sul piano istituzionale ha raggiunto la sua completa maturità” (p. 30). Favorita e sostenuta da signori/principi – per motivazioni politiche di controllo sui territori, di prestigio, di affermazione di potere – l’Osservanza acquisisce consapevolezza del proprio prestigio morale (p. 27). Anche i da Varano – legati ai Trinci – favorirono l’Osservanza (poi favorirono la riforma cappuccina). La Scandella definisce Camilla “creatura dell’Osservanza” (p. 35) e Camilla in effetti è immersa in un giro di frati dell’Osservanza (più o meno noti: Domenico da Leonessa e Pietro da Mogliano ed altri rimasti più “oscuri”) (p. 37).
Rapporti, dunque, con i frati. Ma la Scandella si sofferma in particolare su “quella «rete» di rapporti che costituisce in certo modo il movimento dell’Osservanza femminile: rapporti istituzionali con scambi di sorelle tra monasteri, rapporti culturali, ideali comuni, una passione condivisa per Chiara e la sua forma vitae ….. , circolazione di pensiero e di testi” (p. 45).
Merito di questo volume – come degli altri – è quello di aver posto di nuovo e con rinnovati attenzione ed interesse – al centro degli studi quell’universo di donne protagoniste – leaders – del fenomeno dell’Osservanza al femminile.
Il fatto che la storiografia abbia ampiamente maturato l’indagine attorno alla condizione della donna (in età medievale e moderna); attorno al cosiddetto “movimento religioso femminile”; il fatto che – come accennavo – i secoli XIII e XIV siano stati oggetto di vasto approfondimento per lumeggiare la vicenda clariana-damianea-damianita e clarissiana; il fatto che siano stati editi, ad esempio, il Memoriale di Monteluce di Perugia e le Ricordanze di S. Lucia di Foligno, tutto ciò ha forse messo in moto una macchina che doveva – prima o poi – percorrere e/o ripercorrere anche la strada del fermento osservante.
È un fiume di donne che si muove e si mette in azione; donne di ceti elevati (mercantili, signorili, appartenenti alle oligarchie cittadine), colte, che sanno scrivere; che scrivono per sé, per gli altri, per “professione” (scriptorium di Monteluce); i monasteri si riformano l’un l’altro; circola la “passione” per Chiara, per la sua Regola; circola una potente spiritualità cristocentrica trasmessa anche attraverso composizioni poetiche … Camilla è un mega-esempio di clarissa osservante scrittrice: è una voce di punta in un coro!
Accennavo ai toni contrastanti dell’età umanistico-rinascimentale. Marco Bartoli mette a raffronto la figura di Cesare Borgia e quella di Battista; il primo indicato come una sorta di modello di “principe” (Macchiavelli), che persegue gloria, fama e potere; la seconda è colei che vuole lasciare la “pompa mondana” e lo “stato signorile”; che non poggia sulla forza, ma sulla umiltà, mitezza, povertà e che aspira non al potere, ma alla pace ed alla gloria di Dio. Per quanto il Valentino riuscì vincente nello sconfiggere i da Varano, egli finì come tutti sappiamo, mentre Camilla terminò i suoi “lunghi” giorni nel suo monastero. Una sorta di rivincita della vita religioso-spirituale di Camilla su quella politico-guerriera di Cesare, si potrebbe dire! [Tra parentesi, ad esempio, vorrei ricordare che al tempo dei Borgia vive a Perugia Colomba da Rieti, terziaria domenicana, animata anch’essa da spirito di riforma].
Queste monache-umaniste (Dejure, p. 77), impegnate sul fronte dell’Osservanza francescana, dettero vita ad una sorta di koiné oltre le città e le signorie. Ha scritto Dalarun: “Tra le famiglie signorili, il ‘mercato delle donne’ creava alleanze che consentivano di superare lotte d’altronde incessanti. … tramite le vedove e le vergini delle dette famiglie, i monasteri clariani osservanti erano come la culla del mondo politico italiano, luoghi discreti di educazione, rigenerazione, fabbriche di consenso oltre le vistose divisioni. … sono convinto che i monasteri clariani osservanti erano il serbatoio, la palestra, il deposito di garanzia dell’unità politica dell’Italia nell’età signorile” (pp. 181-182). Senza dubbio all’insegna di rinnovati ideali di rigorosa vita religiosa comunitaria e pauperistica, queste donne s’imposero come raccordo socio-politico e nel contempo come fermento religioso alternativo: fu appunto l’Osservanza!
Gli ideali dell’Osservanza per un verso, il collegamento tra monasteri e sorelle “scrittrici” per un altro, mi pare che oggi si ripropongano e si rinnovino – all’insegna della regola di Chiara – in questo fervore di studi che accanto a professionisti (uomini e donne/chierici/laici/religiosi) vede in prima fila le stesse clarisse.

Giovanna Casagrande