Sulla Povertà


Si ripropone una riflessione del nostro Carlo Gambino 
pubblicata su Squilla Francescana nel numero di settembre 2008.

Normalmente non ci accorgiamo che la nostra carità implica un vero e proprio miracolo. Con la carità, il nostro "superfluo", cioè qualcosa di nessun valore, può diventare "utile", e quindi di valore, per altri. Perciò, attraverso la carità, riusciamo a moltiplicare, per l'insieme, il poco che possediamo in modo pressocché infinito.
Le dimensioni di questo "miracolo" non sono quantificabili, dipendono infatti dalle motivazioni dei soggetti che ne sono coinvolti. Il famoso obolo dato dalla vedova, aveva un valore maggiore delle copiose elargizioni di altri ricchi. Vedendo il rovescio di questa medaglia, se il povero che avesse accettato l'elemosina fosse stato un falso povero, il valore dell'atto per la vedova sarebbe identico, tuttavia sul piano collettivo avremmo avuto un “miracolo” inverso: il povero avrebbe sottratto al donatore. Qualcosa di simile accade quando, con motivazioni spesso pretestuose, otteniamo da altri, o dall’insieme di una collettività (azienda o istituzione in generale), benefici ai quali non corrisponde una situazione di merito che sia universalmente condivisibile. Così gli individui più spregiudicati riescono ad imporre il proprio privilegio sugli altri partecipanti alla medesima collettività.
Il dilagare del materialismo ci fa sembrare tutti più poveri quando basterebbe guardarci intorno per sentirci tutti più ricchi. In passato, si poteva attribuire alla così detta "logica del profitto" la principale responsabilità dei nostri guai. Se questo era vero prima, ora certamente ciò non è più vero. Siamo ora spolpati vivi da un certo "controprofitto"con il quale ogni membro della società cerca di combattere il suo prossimo dall'interno della struttura dove opera, invocando per sé stesso favori e privilegi con la riserva mentale di non dare nulla in cambio, o comunque di dare il meno possibile. Con il prevalere di falsi ideali di libertà, non ci accorgiamo che ci stiamo costruendo una prigione con le nostre stesse mani e non già nell'altro mondo, ma proprio in questo attuale, dove stiamo vivendo ora.
Se Autore del miracolo di cui parlavo prima è sempre la Divina Provvidenza, gli attori dello stesso, cioè le persone fisiche attraverso cui viene compiuto il miracolo stesso, più che nei donatori, sono da individuare nelle persone capaci di operare la conversione dei cuori verso le carità evangeliche. Per questi ultimi la ricchezza consisterà nella consapevolezza di ben operare in favore degli altri.
Si narra che il re Mida rimpianse amaramente la sua capacità di trasformare in oro quanto toccava! Al di là dell'aspetto materiale di questa leggenda, sembra accettabile che il possesso di un tesoro può rallegrarci solo nella misura in cui sappiamo farne un uso, non necessariamente personale. Se oltre un quinto della popolazione mondiale, come quello ora esistente in Cina, diventasse improvvisamente ricco senza abbandonare il proprio materialismo ateo, sarebbe difficile poter affermare che sia stato fatto un passo decisivo verso la costruzione di una pace universale. La povertà è un concetto relativo. Certamente, Francesco non si sentiva povero. Ma all'innato senso di giustizia che domina i nostri cuori ripugna la ricchezza che sentiamo accumulata con l'esclusione degli altri, e questo non favorisce la pace.
Carlo Garbino