FVS intervista a Leonardo Becchetti


In occasione del decennale il mensile dell'Ofs d'Italia "Francesco Volto socolare" ha colloquiato del presente e del futuro di Banca Etica con Leonardo Becchetti, docente di economia politica alla Facoltà di economia dell’Università di Roma “Tor Vergata” e presidente del Comitato etico della Banca.

Cosa ha rappresentato l’ingresso di Banca Etica nel panorama finanziario italiano?
«Banca Etica ha reso possibile un terzo tipo di Banca: quello di una Banca sociale soggetta alla disciplina del mercato. Solitamente si divide il panorama bancario tra due modelli: le Banche pubbliche, con gravosi oneri per lo Stato, rischio di corruzione, pratiche clientelari ecc., e quelle private, che hanno come unico scopo la massimizzazione del profitto. Banca Etica, invece, si pone al servizio delle persone e il suo scopo è la creazione cli valore economico ma anche sociale e ambientale. Un modello, questo, che supera i difetti degli altri due: da una parte non è travolto da un’avidità che vede nella creazione di utile per gli azionisti l’unico valore, dall’altra è sottoposto disciplina di mercato, perciò non corre il rischio cli tutte quelle commistioni tra pubblico e privato, tra politica ed economia che spesso hanno portato a crisi del sistema bancario pubblico».

In un momento di crisi economica e finanziaria come quello che stiamo vivendo, qual è il messaggio che viene da Banca Etica?
«Se le Banche fossero state tutte così, sicuramente la crisi non ci sarebbe stata. Questo modello di Banca è quello uscito meglio dalla crisi, e proprio lo scorso 4 marzo dodici Banche etiche da diverse parti del mondo, con attività per 13 miliardi di euro, hanno date vita a un’alleanza globale con l’obiettivo di lavorare insieme per perseguire una sostenibilità sociale e ambientale dello sviluppo e combattere la crisi finanziaria».

Non è quindi un’esperienza solo italiana...
«Assolutamente no. Un epigono fondamentale è la Grameen Bank di Yunus, ma dietro ad essa — nota per il Nobel dato al suo fondatore — ve ne sono tante altre che si pongono i medesimi obiettivi, che non si sono lanciate in avventure speculative, che non hanno abbandonato il credito alla piccola e media impresa e l’attenzione ai clienti. Questa è la rete di un sistema bancario sano sul quale costruire l’economia del futuro. Si dice che queste siano «Banche alternative», ma in realtà ritengo che sia semplicemente il modo corretto di fare Banca. Semmai alternativi sono proprio quegli istituti di credito che si sono lanciati in attività puramente finanziarie, smarrendo la natura fondamentale della Banca».

Una caratteristica specifica di Banca Etica è quella di partire dal basso, dando un ruolo importante ai soci in tutte le fasi, dalla concessione dei prestiti alle decisioni strategiche.
«La vera ricchezza della Banca è la rete di relazioni che ha sul territorio. Essa è nata proprio da questa rete all’interno della società civile, che in Italia per fortuna è molto ricca e organizzata. Ci sono circa 30 mila soci individua]i, e se consideriamo anche i membri delle associazioni che ne fanno parte arriviamo a circa 3 milioni e mezzo di persone coinvolte. Il consenso sociale, dunque, è molto forte, come pure l’organizzazione «a rete» della Banca. Vi sono gruppi d’intervento territoriale in ogni provincia d’Italia, e questo permette anche di fare credito con più sicurezza.».

Dopo dieci anni, qual è oggi la realtà di Banca Etica?
«Ha avuto una crescita straordinaria, raggiungendo oggi una raccolta diretta e indiretta di quasi 800 milioni di euro. In più, direi che Banca Etica è un attore fondamentale della cultura economica di oggi, connotata da un riduzionismo che vede con sospetto tutto ciò che sta fra l’impresa che massimizza gli utili e la carità. In realtà oggi questo sistema dicotomico è assolutamente fallito, non può funzionare perché distrugge valori, fiducia, responsabilità. Banca Etica e tutte le imprese sociali di mercato, invece, producono ricchezza, valore economico, ma creano anche valori, quei valori cli cui la stessa economia ha bisogno per poter sopravvivere».
Giorgio Verga, Ofs
da “Francesco Volto Secolare”
Mensile dell’OFS
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