Una riflessione sul profondo significato del perdono

di Roger Etchegaray

Il bacio della misericordia
alla giustizia 

Un bacio della misericordia alla giustizia. È quello che ha dato Giovanni Paolo II incontrando in carcere il suo aggressore, il 27 dicembre 1983. Il bacio del perdono nella stanza di una prigione. Nella prefazione al libro di Pierre Descouvemont, Dieu de justice ou de miséricorde? (Paris, Éditions de l'Emmanuel, 2009, pagine 217, euro 16), uscito in questi giorni, il vice decano del Collegio cardinalizio invita il lettore a una meditazione sul perdono mostrando come giustizia e misericordia non siano in contrapposizione e come esse, anzi, in Dio si concilino. 

Traduzione della prefazione scritta dal porporato.

Ogni prefazione stabilisce o sottolinea un legame con l'autore dell'opera e con il suo pensiero. Ho scritto decine di prefazioni sempre "su ordinazione", raramente spinto da un amico, ancor meno da un condiscepolo, ormai raro al tramonto della mia vita. Pierre Descouvemont, sacerdote della diocesi di Cambrai, è uno di questi. Nel seminario francese di Roma, dove lo conobbi sessant'anni fa, respirava la gioia semplice dei figli di Dio e divenne un fine conoscitore dell'animo della piccola Teresa di Lisieux.
Questo libro sulla giustizia e sulla misericordia di Dio affronta i due aspetti che meglio definiscono Dio nella sua tenzone con l'uomo. Nulla di più serio. Nulla di più rassicurante. Nulla di più quotidiano. Biblisti, teologi, tutti i peccatori ne sono i testimoni attoniti.
"Giustizia e misericordia si baceranno" (cfr. Salmi, 85, 11). Giovanni Paolo II non si è accontentato, sulla scia del salmista, di cantarlo nella sua enciclica di fresca bellezza (Dives in misericordia, 30 novembre 1980). Il 27 dicembre 1983 lo ha vissuto attraverso il bacio del perdono dato al suo aggressore nel profondo di una prigione. Una sola immagine della televisione, muta, fugace e sfocata, è bastata a scuotere milioni di coscienze in tutto il mondo. Molto più di quanto potrebbe fare l'ammirevole quadro di Rembrandt, che rappresenta il figliol prodigo ai piedi dell'anziano padre, che padre Gourgues, domenicano, ha osato chiamare "Padre prodigo" ... di misericordia.
Come può l'uomo moderno, tanto desideroso di giustizia, sopportare il bruciore di un bacio dato dalla misericordia? Lungi dall'opporsi alla giustizia, la misericordia la postula e la esige. Ma va oltre. La misericordia di Dio discende più in basso della miseria dell'uomo. L'uomo rivendica e rifiuta nello stesso tempo di essere giudicato. La nostra coscienza esige un giudizio che ricompensi il bene e punisca il male. Un giudizio che del resto avrà luogo al momento della nostra morte e al quale il Signore ci chiede con insistenza di prepararci.
Ma, allo stesso tempo, noi rifiutiamo di lasciarci pesare anche sulle bilance più giuste, poiché siamo convinti che la nostra verità sia interiore e possa essere afferrata solo dagli occhi dell'amore. Giovanni Paolo II arriva a dire che l'amore provoca una "rifusione" della giustizia. Un mondo da cui si eliminasse il perdono potrebbe forse essere giusto, ma di una giustizia fredda, in nome della quale ognuno rivendicherebbe i propri diritti, portando all'oppressione dei più deboli da parte dei più forti. Dal peccato dell'uomo, l'amore di Dio si è rivestito dell'abito della misericordia. Nulla a che vedere con la pietà condiscendente, né con la debolezza complice, né con il calcolo interessato. Come quest'opera mostra bene.
E la misericordia produce il suo frutto quando l'uomo, amato fino al perdono, diviene a sua volta misericordioso. Solo allora la terra diventa respirabile, abitabile... Persino in una prigione.

(©L'Osservatore Romano - 2 ottobre 2009)