AMARE E' CONDIVIDERE | |
La nostra fraternità ha contribuito
anche quest’anno alla riuscita della della Giornata
Mondiale dei malati di Lebbra (GML), anche “grazie” ai frati della
Basilica che ci hanno permesso di poter allestire il banchetto del “Miele
della solidarietà ”. L’Aifo da anni promuove questa giornata di
solidarietà per la cura dei malati di lebbra attraverso dei progetti di ,
che vuol dire che non si limita alla sola cura del malato, ma alla persona
nella sua integrità , al suo successivo reinserimento nella vita nella
società .
(foto) Il miele che è donato a fronte di
un’offerta, quale segno di gratitudine – di ottima qualità e del commercio equo e solidale – è
offerto in un sacchetto di juta confezionato dalle cooperative di ex-malati
e delle loro famiglie. Quest’anno di esso è riportata una frase di Raoul
Foulerau, che fu il fondatore dell’Aifo: “Amare è condividere”.
San Francesco nel suo Testamento si ricorda come “Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo” (FF 110). Francesco, infatti, ricorda come dei lebbrosi ebbe misericordia, ma non divise il suo “mantello” come avrebbe fatto un cavaliere, lo dette tutto intero: mi condusse tra loro. Tanto che ci fu il ‘rischio’ che poi sarà l’Ordine dei frati minori diventasse una delle tante congreghe a servizio dei malati. Ci sono, intorno a noi, persone la cui vista ci appare “cosa troppo amara”?
Sto andando a ritroso nel tempo: Raoul
Follerau, San Francesco … Gesù per il quale, fino all’ultimo, alla morte in
croce, "amare è condividere" un amore più grande, quello di Dio
padre/madre verso i suoi figli, tutti, soprattutto i reietti della societÃ
– tanto che si diceva sua colpa frequentare prostitute e pubblicani.
Un esempio a noi vicino è quello dei
carcerati: chi darebbe a un ex-detenuto un lavoro, si metterebbe in casa
una persona con precedenti penali, chi sottoscriverebbe un appello per
migliori condizioni di vita nelle carceri? Questo è uno “stigma”: l’Aifo –
cui la raccolta di fondi a Sant’Antonio ha fruttato quasi 600 euro – ha tra
i suoi progetti il combattere lo stigma della lebbra, che come un tempo fu
da noi in Europa è ancora vivo in tanti altri paesi dove l’incontro con un
lebbroso rende impuri o fa paura come oggi da noi l’Aids, che, infatti,
continua a propagarsi, ma non se ne parla.
I due banchetti
del Miele della Solidarietà - nella basilica di Santantonio e nella parrocchia
di S. Giuda Taddeo - hanno fatto raccogliere alla Fraternità 1.700 euro, dei
21.000 necessari al progetto scelto quest’anno.
La lebbra è una malattia dovuta ad un
batterio che colpisce i nervi periferici ed è perfettamente curabile, oggi
l’incidenza della malattia è stata molto ridotta 230.000 casi nuovi all’anno,
ma in alcuni paesi è ancora un problema sanitario nazionale.
Le precarie condizioni igienico-sanitarie
di molte città e villaggi, le fatiscenti condizioni di molte abitazioni in cui
vivono nuclei familiari numerosi ed una insufficiente alimentazione espongono
le persone al rischio di contrarre più facilmente la lebbra. Attualmente è diffusa soprattutto in Brasile,
India e in alcune parti della Cina, in Madagascar e in numerosi paesi africani.
La nostra consorella Rosa Antonucci
(attualmente in Italia per un periodo di riposo) ha sostenuto nel suo ospedale
un progetto Aifo per l’Eritrea. Le ONG
non sono accette in questo paese del Corno d’Africa – in perenne guerra con
l’Etiopia – sottoposto ad una feroce dittatura sostenuta dalla Cina, così ha
dovuto operare “in incognito” senza che l’Aifo risultasse promotore della
missione sanitaria.
Ed è
proprio all’Africa la raccolta dei fondi cui la nostra fraternità ha
contribuito quest’anno con la partecipazione attiva alla Giornata Mondiale dei
malati di lebbra, grazie anche alla disponibilità dei frati della nostra
Basilica.
Come già detto nello scorso numero di
Squilla, i soldi raccolti sono stati 600 euro e serviranno a sostenere progetti
avviati in quell’area dove i casi di lebbra rilevati nel 2009 sono stati circa
26.000.
La lebbra è una malattia dimenticata come
altre malattie presenti esclusivamente nei paesi meno sviluppati e per questo
poco seguite dalla ricerca medica e farmaceutica perché poco remunerative.
Il gemellaggio con l’Aifo è ufficializzato
su tutto il territorio nazionale con la Gi.Fra., anzi proprio attraverso il
consolidarsi di questi contatti e l’adesione dell’Ofs nazionale alla Focsiv –
una confederazione di ONG cui l’Ofs fa parte insieme con l’Aifo - che ho
seguito personalmente sono all’origine di questa iniziativa che ho proposto
alla nostra fraternità .
Quest’anno, poi, abbiamo fatto ambo: al
banchetto allestito in basilica (dopo ben due rinvii causa neve!) cui hanno
partecipato come volontari, oltre me, Licia, Elvio e Maria Rosaria e Rita del Centro Giuseppina Berettoni, se ne è aggiunto
uno organizzato da Carla, con la collaborazione della sorella Maria Luisa,
presso la sua parrocchia di San Giuda Taddeo che ha fruttato 1.100 euro:
facendo la somma la nostra fraternità ha contribuito per 1.700 euro, dei 21.000
necessari all’attuazione del progetto scelto quest’anno.
L’AIFO inserisce la lotta alla lebbra in un
più ampio campo d’azione, molti infatti sono i progetti che si occupano anche
di sanità di base, disabilità , infanzia, malattie mentali con l’obiettivo
principale di ridare speranza a chi è stato ingiustamente discriminato, privato
dei suoi diritti di persona e di malato. Speranza di poter tornare ad una vita
il più possibile autodeterminata e autosufficiente.
I sacchetti di
juta con cui viene dato il barattolino di miele – “Il miele della solidarietà ”
– è confezionato da cooperative di ex malati e delle loro famiglie cui viene
acquistato. Anche questo è compreso nei 7 euro che si richiedono di base: ma
non è una vendita! Il miele (del circuito del mercato equo e solidale) nel suo
sacchetto sono un “segno”, un ringraziamento per il gesto di solidarietà , per
l’offerta che si fa.
Il Santo Padre
Benedetto XVI nell’Angelus del 29 gennaio rivolgendosi ai fedeli riuniti in piazza
San Pietro ha ricordato la Giornata Mondiale dei malati di lebbra con queste
parole: “In questa domenica ricorre la
Giornata mondiale dei malati di lebbra. Nel salutare l’Associazione Italiana
Amici di Raoul Follereau, vorrei far giungere il mio incoraggiamento a tutte le
persone affette da questa malattia, come pure a quanti li assistono e, in
diversi modi, si impegnano per eliminare la povertà e l’emarginazione, vere
cause del permanere del contagio”.
Marco Stocchi, ofs