All’uomo che ha già osservato i
comandamenti dell’antica legge manca di accogliere con assoluta generosità e
pieno distacco il Vangelo, cioè Gesù Cristo; di preferirlo, sciogliendosi dai
beni terreni. Ma quell’uomo è troppo legato ai tesori di questo mondo; non ha
il coraggio di vendere quello che ha e mettersi alla sequela del Signore.
E’ necessaria un’osservazione per capire
ciò che Gesù dice della ricchezza, in seguito al rifiuto del giovane ricco di
vendere tutto e seguirlo. Mai Gesù condanna la ricchezza e i beni terreni per
se stessi. Tra i suoi amici vi è anche Giuseppe d’Arimatea “uomo ricco”;
Zaccheo è dichiarato “salvo”.
Anche se trattiene per sé metà dei suoi
beni. Ciò che egli condanna è l’attaccamento esagerato al denaro e ai beni, il
far “dipendere da essi la propria vita” e “l’accumulare tesori solo per sé”
(Lc. 12, 13-21).
La parola di Dio chiama l’attaccamento
eccessivo al denaro “idolatria” (cfr. Colossesi 3,5; Efesini 5,5). Il denaro
non è uno dei tanti idoli; è l’idolo per antonomasia, “l’idolo del metallo
fuso” (Esodo 34,17). Esso è l’anti-dio, perché crea una specie di mondo
alternativo, cambia oggetto alle virtù teologali. Fede, speranza e carità non
vengono più riposte in Dio, ma nel denaro. Si attua una sinistra inversione di
tutti i valori. La Scrittura dice: “Tutto è possibile a che crede”, il mondo
corregge: “Tutto è possibile a chi ha il denaro”.
L’avarizia, oltre che idolatria, è anche
fonte di infelicità. L’avaro è un uomo infelice. Sospettoso di tutti, anche di
quelli della sua stessa carne, si isola. Non ha affetti. Vede tutti come
possibili sfruttatori. Questi ultimi nutrono spesso nei suoi confronti un solo
vero desiderio: che muoia presto per ereditare le sue ricchezze. Teso allo
spasimo a risparmiare, si nega tutto nella vita e così non gode né di questo
mondo, né di Dio, non essendo le sue rinunce fatte per lui.
Ma Gesù non lascia nessuno senza
speranza di salvezza, neppure il ricco. Quando i discepoli, in seguito al detto
sul cammello e la cruna dell’ago, sgomenti, chiesero a Gesù: “Allora chi potrà
salvarsi?”, egli rispose: “Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio”.
Dio può salvare anche il ricco. Il punto non è “se il ricco si salva” (questo
non è stato mai in discussione nella tradizione cristiana), ma è “quale ricco
si salva”.
Ai ricchi Gesù indica una via d’uscita:
“Accumulatevi tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano” (Mt. 6,
20). “Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a
mancare, vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc. 16, 9). Molti dice
sant’Agostino, si affannano a seppellire il proprio denaro sotto terra; perché
non seppellirlo addirittura in cielo, dove sarebbe ben più al sicuro e dove lo
si ritroverebbe per sempre? Come fare questo? E’ semplice, continua Agostino:
Dio ti offre, nei poveri, dei facchini. Essi si recano là dove tu speri un
giorno di andare. Dio ha bisogno qui del tuo denaro per il povero e te lo
restituirà quando sarai di là.
E’ chiaro che l’elemosina spicciola e la
beneficenza non sono più oggi l’unico modo per far servire la ricchezza al bene
comune. C’è anche quello di pagare onestamente le tasse, di creare nuovi posti
di lavoro, di dare un salario più generoso agli operai quando la situazione lo
permette, di avviare imprese locali nei paesi in via di sviluppo. Insomma,
essere deve canali che fanno passare l’acqua, non laghi artificiali che la
trattengono solo per sé.
Adelaide Rossi, ofs
Adelaide Rossi, ofs