CAMMINANDO NEL VANGELO - Commento alla 28° DOMENICA T.O. (Anno B)

28° Domenica del T. O. ANNO B - (Mc. 10, 17-30)


All’uomo che ha già osservato i comandamenti dell’antica legge manca di accogliere con assoluta generosità e pieno distacco il Vangelo, cioè Gesù Cristo; di preferirlo, sciogliendosi dai beni terreni. Ma quell’uomo è troppo legato ai tesori di questo mondo; non ha il coraggio di vendere quello che ha e mettersi alla sequela del Signore. 

E’ necessaria un’osservazione per capire ciò che Gesù dice della ricchezza, in seguito al rifiuto del giovane ricco di vendere tutto e seguirlo. Mai Gesù condanna la ricchezza e i beni terreni per se stessi. Tra i suoi amici vi è anche Giuseppe d’Arimatea “uomo ricco”; Zaccheo è dichiarato “salvo”.
Anche se trattiene per sé metà dei suoi beni. Ciò che egli condanna è l’attaccamento esagerato al denaro e ai beni, il far “dipendere da essi la propria vita” e “l’accumulare tesori solo per sé” (Lc. 12, 13-21).

La parola di Dio chiama l’attaccamento eccessivo al denaro “idolatria” (cfr. Colossesi 3,5; Efesini 5,5). Il denaro non è uno dei tanti idoli; è l’idolo per antonomasia, “l’idolo del metallo fuso” (Esodo 34,17). Esso è l’anti-dio, perché crea una specie di mondo alternativo, cambia oggetto alle virtù teologali. Fede, speranza e carità non vengono più riposte in Dio, ma nel denaro. Si attua una sinistra inversione di tutti i valori. La Scrittura dice: “Tutto è possibile a che crede”, il mondo corregge: “Tutto è possibile a chi ha il denaro”.

L’avarizia, oltre che idolatria, è anche fonte di infelicità. L’avaro è un uomo infelice. Sospettoso di tutti, anche di quelli della sua stessa carne, si isola. Non ha affetti. Vede tutti come possibili sfruttatori. Questi ultimi nutrono spesso nei suoi confronti un solo vero desiderio: che muoia presto per ereditare le sue ricchezze. Teso allo spasimo a risparmiare, si nega tutto nella vita e così non gode né di questo mondo, né di Dio, non essendo le sue rinunce fatte per lui.
Ma Gesù non lascia nessuno senza speranza di salvezza, neppure il ricco. Quando i discepoli, in seguito al detto sul cammello e la cruna dell’ago, sgomenti, chiesero a Gesù: “Allora chi potrà salvarsi?”, egli rispose: “Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio”. Dio può salvare anche il ricco. Il punto non è “se il ricco si salva” (questo non è stato mai in discussione nella tradizione cristiana), ma è “quale ricco si salva”.

Ai ricchi Gesù indica una via d’uscita: “Accumulatevi tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano” (Mt. 6, 20). “Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc. 16, 9). Molti dice sant’Agostino, si affannano a seppellire il proprio denaro sotto terra; perché non seppellirlo addirittura in cielo, dove sarebbe ben più al sicuro e dove lo si ritroverebbe per sempre? Come fare questo? E’ semplice, continua Agostino: Dio ti offre, nei poveri, dei facchini. Essi si recano là dove tu speri un giorno di andare. Dio ha bisogno qui del tuo denaro per il povero e te lo restituirà quando sarai di là.

E’ chiaro che l’elemosina spicciola e la beneficenza non sono più oggi l’unico modo per far servire la ricchezza al bene comune. C’è anche quello di pagare onestamente le tasse, di creare nuovi posti di lavoro, di dare un salario più generoso agli operai quando la situazione lo permette, di avviare imprese locali nei paesi in via di sviluppo. Insomma, essere deve canali che fanno passare l’acqua, non laghi artificiali che la trattengono solo per sé.

Adelaide Rossi, ofs