CAMMINANDO NEL VANGELO / DOMENICA DELLA SS. TRINITA' - ANNO C nel commento di Adelaide Rossi, ofs



Domenica della Santissima Trinita’ 
(Gv. 16, 12-15)

Gesù risorto invia sulla Chiesa e sull’umanità intera lo Spirito Santo. E’ lo Spirito che ci porta lo stesso Signore Gesù, la sua parola e la sua grazia, che sono per noi i doni del Padre. Le Persone della Santissima Trinità sono già adesso nell’intimo del nostro cuore.

Si legge nel Vangelo: “Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi condurrà alla verità tutta intera… Tutto quello che il Padre possiede è mio [del Figlio!]”.
Riflettendo su queste parole e su altri testi dello stesso tenore, la Chiesa è giunta alla sua fede nel Dio uno e trino.
E’ un rebus! Tre che sono uno, e uno che sono tre. Non sarebbe più semplice credere in un Dio unico, punto e basta, come fanno gli ebrei e i musulmani?
La risposta è semplice, se c’è fede. La Chiesa crede nella Trinità, non perché prenda gusto a complicare le cose, ma perché questa verità le è stata rivelata da Cristo.
La difficoltà di comprendere il mistero della Trinità è un argomento a favore,non contro la sua verità. Nessun uomo, lasciato a se stesso, avrebbe mai escogitato un tale mistero. E’ un mistero rivelato.

Forse sarà banale come esempio, ma ricordo come questo mistero mi è stato spiegato dai miei genitori. Sappiamo che “Dio è amore”, e per esserci amore, è necessario che ci siano due o più persone (come in una famiglia), cosicché in Dio ci deve essere uno che ama, uno che è amato e l’amore che li unisce. I cristiani credono in un Dio che è unico ma non solitario. Chi amerebbe Dio se fosse assolutamente solo? Forse se stesso? Allora il suo sarebbe egoismo, narcisismo e non amore. Riflettere su questo mistero mi ha portato ad un’affermazione massima: si può essere uguali e diversi.
Uguali per dignità, diversi per caratteristiche. Si può essere diversi per colore della pelle, cultura, sesso, razza, religione, eppure godere di pari dignità, come persone umane.

Questo insegnamento trova la sua prima e naturale applicazione proprio nella famiglia. La famiglia dovrebbe essere un riflesso terreno della Trinità.
Essa è fatta da persone diverse per sesso (uomo e donna) e per età (genitori e figli), con tutte le conseguenze che derivano da queste diversità: diversi sentimenti, diverse attitudini e gusti. Il successo di un matrimonio e di una famiglia dipende dalla misura con cui questa diversità saprà tendere a una superiore unità: unità di amore, di intenti e di collaborazione.
Non è vero che un uomo e una donna debbano essere per forza affini per temperamento e doti: ambedue allegri e vivaci, estroversi o introversi, quieti e riflessivi. Marito e moglie non devono essere uno “la dolce metà” dell’altro, ossia due metà perfettamente uguali, ma è necessario, quindi bene, che ognuno sia la metà mancante dell’altro e il completamento dell’altro. Questo intendeva Dio quando disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto simile a lui” (Genesi 2, 18). Questi sono le diversità che l’altro, con il matrimonio, deve saper accettare.

Un’ultima considerazione, che erroneamente alcuni fanno, è considerare la Trinità un mistero lontano dalla vita, da lasciare alla speculazione dei teologi. Al contrario esso è un mistero vicinissimo. Non dobbiamo dimenticare un importantissimo significato della creazione: noi siamo stati creati a immagine del Dio uno e trino, ne portiamo l’impronta e siamo chiamati a realizzare la stessa sublime sintesi di unità e diversità.
                                                                                                     ofs Adelaide Rossi

foto:  Icona di Rublev, raffigurante la SS. Trinità, esposta nella fraternità o.f.s. di sant'Antonio