2ª
DI QUARESIMA
Gn22,1-2.9a.10-13.15-18; Sal 115 (116); Rm
8,31b-34; Mc 9,2-10
B. Bonavita da Lugo,
terziario fr. (✝1375)
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1
DOMENICA
LO 2ª set
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Questi è il Figlio mio, l’amato.
R Camminerò
alla presenza del Signore nella terra dei viventi.
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Mc 9,
2-10
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro,
Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. FF : 1223 – 1375
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue
vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe
renderle così bianche. FF : 66
E apparve loro Elia con Mosè e conversavano
con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi
essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». FF : 326
Non sapeva infatti che cosa dire, perché
erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube
uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E
improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo,
con loro. FF : 875
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di
non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio
dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa,
chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
La
trasfigurazione rivela una volta ancora l’identità di Gesù, come il battesimo:
egli è il Figlio prediletto di Dio, inviato perché sia ascoltato. E’ lui la
Parola, il Vangelo, l’inabitazione e la tenda di Dio, il segno della sua
persona, nella sua persona trasfigurata.
“Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!” Con
queste parole, Dio Padre consegnava Gesù all’umanità come unico e definitivo
Maestro, superiore alla legge e ai profeti. Oggi dove possiamo ascoltare Gesù?
Egli ci parla attraverso la nostra coscienza. Ma non è semplice ascoltare la
sua voce. E’ facile farle dire solo ciò che piace a noi. Ha bisogno perciò di
essere illuminata e sorretta dal Vangelo. Sappiamo però per esperienza che
anche le parole del Vangelo possono essere interpretate in modi diversi. Chi ci
assicura un’interpretazione autentica è la Chiesa, istituita da Cristo proprio
a tale scopo. Per questo è importante cercare di conoscere la dottrina della
Chiesa, come essa stessa la intende e la propone e non nell’interpretazione,
spesso distorta e riduttiva, dei mass-media.
Altrettanto importante è sapere dove Gesù
non parla. Egli non parla attraverso i maghi, gli indovini, i dicitori di
oroscopi; non parla nelle sedute spiritiche, nell’occultismo. Nella Scrittura
leggiamo: ”Non si trovi in mezzo a te chi
esercita la divinazione o il sortilegio… né chi faccia incantesimi, né chi
interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore”
(Deuteronomio 18, 10-12).
Questi erano i modi tipici di rapportarsi
al divino dei pagani, che traevano auspici consultando gli astri o le viscere
degli animali o il volo degli uccelli. Con quella parola di Dio: ”Ascoltatelo!”,
tutto questo è finito. C’è un solo mediatore tra Dio e gli uomini: Gesù Cristo.
Oggi purtroppo questi riti pagani sono
tornati di moda. E come sempre, quando diminuisce la vera fede, aumenta la
superstizione. Un esempio innocuo è l’ascolto degli oroscopi.
ALTRI
SPUNTI DI RIFLESSIONE
1) L’“agonia” di Abramo, l’”agonia” di
Isacco, l’“agonia” di Cristo, l’“agonia” di ogni credente è l’esperienza prima
e più comune della fede. La crisi della Passione, la solitudine degli uomini,
lo scandalo della croce sono dati costanti della nostra vita di credenti. La
dinamica della fede comprende il silenzio e la prova per raggiungere la luce.
2) Al termine, però, brilla la
Pasqua-Trasfigurazione Gesù sulla croce pronuncia il Salmo 22, preghiera certo
di desolazione ma preghiera che sbocca su un finale di gioia e di pace. Il
grano deposto nella terra muore ma dà frutto nella spiga. La Pasqua nasce dal
terreno della passione ma è riscatto della stessa passione e morte.
3) Bisogna perciò partecipare all’umanità
di Cristo per condividere la gloria. Francesco d’Assisi nella sua agonia,
secondo quanto narra Bonaventura, si fa stendere sulla nuda terra per imitare
perfettamente il Cristo crocefisso, povero, sofferente, nudo. Ma questo
distacco da sé genera lo splendore della promessa di Abramo e la luce della
Trasfigurazione pasquale.
Soprattutto la Lettera agli Ebrei ha posto l’accento sul fatto che la missione di
Gesù, la sua solidarietà con tutti noi, prefigurata nel battesimo, implica che
Egli si esponga alle minacce dell’essere uomo: “Perciò doveva essere del tutto
simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele
nelle cose che riguardano Dio allo scopo di espiare i peccati del popolo.
Infatti proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto
personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova” (2,17s). “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia
compatire le nostre infermità, essendo lui stato provato in ogni cosa, escliso
il peccato” (4,15).
Adelaide Rossi, ofs