PER CONOSCERE I GRANDI MAESTRI DELLA FEDE FRANCESCANI E DOMENICANI CON BENEDETTO XVI

Beato Angelico, Incontro di S. Francesco e San Domenico
Museo di Stato a Berlino, 1429

Catechesi di Benedetto XVI del 2010

GLI ORDINI MENDICANTI 

SAN FRANCESCO D'ASSISI 

SAN DOMENICO DI GUZZMAN

SANTA CHIARA D'ASSISI

S. ANTONIO DA PADOVA

SAN BONAVENTURA - BIOGRAFO DI FRANCESCO 

SAN BONAVENTURA - IL DIFENSORE DELLA DOTTRINA

SAN BONAVENTURA- IL TEOLOGO DEL BENE 

SANT'ALBERTO MAGNO 

SAN TOMMASO D'AQUINO - IL FILOSOFO 

SAN TOMMASO D'AQUINO - IL TEOLOGO

SAN TOMMASO D'AQUINO - L'EDUCATORE

DUNS SCOTO


Inoltre, abbiamo pubblicato :


S. Domenico di Guzman e S. Francesco D'assisi
e il loro reciproco amore in Tommaso da Celano

La via della bellezza per incontrare Dio

Lo splendore dell'architettura romanica e gotica, propria dell'età in cui visse San Francesco, testimonia che "la via pulchritudinis, la via della bellezza, è un percorso privilegiato e affascinante per avvicinarsi a Dio". Lo ha detto Benedetto XVI nella catechesi svolta di mercoledì 18 novembre, nell'Aula Paolo VI, pocxhi giorni prima dell'incontro con gli artisti (a quarant'anni da quello celebre di Paolo VI). Con gli interventi su San Francesco, S. Antonio e San Bonaventura, il Papa ci ha offerto quest'anno molti spunti di riflessione utili a noi francescani, che il nostro notiziario SQUILLA ha ripropsto sulle sue pagine.

Arte ed esperienza spirituale
di Lucetta Scaraffia

La bella catechesi del 18 novembre con cui Benedetto XVI ha introdotto il tema dell'arte come preparazione dell'incontro con gli artisti non solo ha il profondo significato di segnalare la via della bellezza come via principe per il cammino spirituale, ma è anche una innovativa proposta culturale. La sua ricostruzione delle funzioni e del significato dell'architettura romanica e gotica, inserite nella cultura del tempo, indica infatti una direzione di lettura delle opere d'arte oggi poco praticata.

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L'IMMAGINE 


La tavoletta dell'Incontro di san Francesco e san Domenico faceva parte della predella del trittico della Certosa, commissionato al Beato Angelico nel 1429 dalla compagnia di San Francesco di Santa Croce di Firenze. Il dipinto, a tempera, è custodito nel Museo di Stato a Berlino.

Il Beato Angelico in quest’opera rappresenta un momento importante della vita di san Francesco, soprattutto alla luce del ruolo dell'ordine francescano e di quello domenicano nella società del Trecento e Quattrocento. La scena sembra alludere a quanto avvienne alla fine dell'inconto tra i due santi, subito dopo che, interrogati dal vescovo di Ostia sull'opportunità di innalzare i frati dei rispettivi ordini a ranghi superiori, entrambi risposero sottolineando I'importanza di rimanere fedeli nel "seguire le orme dell'umiltà di Cristo" e ricusare qualsiasi carica ecclesiastica.

Dopo questo incontro, "l'uno pose le mani fra quelle dell'altro, raccomandandosi dolcemente a vicenda con fervore. Domenico disse a Francesco: 'Vorrei, fratello Francesco, che il tuo e il mio divenissero un Ordine solo, e che noi vivessimo nella Chiesa sotto la stessa regola' (Specchio di Perfezione,III,43).

L’intesa tra i due santi è espressa da Beato Angelico, sia nel seguire il racconto raffigurando I'intreccio delle loro mani, sia nell'incontro di sguardi ravvicinati tra san Francesco e san Domenico. L’espressione intensa della consentaneità rappresentata in questo modo, trae probabilmente origine dal modo simile in cui nel Trecento talvolta era raffigurata l'intesa tra la Madonna e il Bambino, i cui sguardi si avvicinavano fino quasi a determinare il toccarsi delle teste.
 

Benedetto XVI - SANT'ANTONIO DA PADOVA - 10 / 2 / 2010


vedi tutte le catechesi sui
Maestri della fede francescani e domenicani
All'udienza generale Benedetto XVI 
incontra sant'Antonio di Padova

L'importanza dell'umanesimo
nato dalla fede cristiana

Per l'economia un'etica amica della persona
Il Papa torna a chiedere per l'economia un'etica "amica della persona". Lo fa riproponendo il messaggio di sant'Antonio di Padova nella catechesi svolta durante l'udienza generale di mercoledì 10 febbraio, nell'Aula Paolo VI.


Cari fratelli e sorelle,
due settimane fa ho presentato la figura di san Francesco di Assisi. Questa mattina vorrei parlare di un altro santo appartenente alla prima generazione dei Frati Minori: Antonio di Padova o, come viene anche chiamato, da Lisbona, riferendosi alla sua città natale. Si tratta di uno dei santi più popolari in tutta la Chiesa Cattolica, venerato non solo a Padova, dove è stata innalzata una splendida Basilica che raccoglie le sue spoglie mortali, ma in tutto il mondo.
Sono care ai fedeli le immagini e le statue che lo rappresentano con il giglio, simbolo della sua purezza, o con il Bambino Gesù tra le braccia, a ricordo di una miracolosa apparizione menzionata da alcune fonti letterarie. Antonio ha contribuito in modo significativo allo sviluppo della spiritualità francescana, con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico e, principalmente, di fervore mistico.
Nacque a Lisbona da una nobile famiglia, intorno al 1195, e fu battezzato con il nome di Fernando. Entrò fra i Canonici che seguivano la regola monastica di sant'Agostino, dapprima nel monastero di San Vincenzo a Lisbona e, successivamente, in quello della Santa Croce a Coimbra, rinomato centro culturale del Portogallo. Si dedicò con interesse e sollecitudine allo studio della Bibbia e dei Padri della Chiesa, acquisendo quella scienza teologica che mise a frutto nell'attività di insegnamento e di predicazione. A Coimbra avvenne l'episodio che impresse una svolta decisiva nella sua vita: qui, nel 1220 furono esposte le reliquie dei primi cinque missionari francescani, che si erano recati in Marocco, dove avevano incontrato il martirio. La loro vicenda fece nascere nel giovane Fernando il desiderio di imitarli e di avanzare nel cammino della perfezione cristiana: egli chiese allora di lasciare i Canonici agostiniani e di diventare Frate Minore. La sua domanda fu accolta e, preso il nome di Antonio, anch'egli partì per il Marocco, ma la Provvidenza divina dispose altrimenti. In seguito a una malattia, fu costretto a rientrare in Italia e, nel 1221, partecipò al famoso "Capitolo delle stuoie" ad Assisi, dove incontrò anche san Francesco. Successivamente, visse per qualche tempo nel totale nascondimento in un convento presso Forlì, nel nord dell'Italia, dove il Signore lo chiamò a un'altra missione. Invitato, per circostanze del tutto casuali, a predicare in occasione di un'ordinazione sacerdotale, mostrò di essere dotato di tale scienza ed eloquenza, che i Superiori lo destinarono alla predicazione. Iniziò così in Italia e in Francia, un'attività apostolica tanto intensa ed efficace da indurre non poche persone che si erano staccate dalla Chiesa a ritornare sui propri passi. Antonio fu anche tra i primi maestri di teologia dei Frati Minori, se non proprio il primo. Iniziò il suo insegnamento a Bologna, con la benedizione di san Francesco, il quale, riconoscendo le virtù di Antonio, gli inviò una breve lettera, che si apriva con queste parole: "Mi piace che insegni teologia ai frati". Antonio pose le basi della teologia francescana che, coltivata da altre insigni figure di pensatori, avrebbe conosciuto il suo apice con san Bonaventura da Bagnoregio e il beato Duns Scoto.
Diventato Superiore provinciale dei Frati Minori dell'Italia settentrionale, continuò il ministero della predicazione, alternandolo con le mansioni di governo. Concluso l'incarico di Provinciale, si ritirò vicino a Padova, dove già altre volte si era recato. Dopo appena un anno, morì alle porte della Città, il 13 giugno 1231. Padova, che lo aveva accolto con affetto e venerazione in vita, gli tributò per sempre onore e devozione. Lo stesso Papa Gregorio ix, che dopo averlo ascoltato predicare lo aveva definito "Arca del Testamento", lo canonizzò solo un anno dopo la morte nel 1232, anche in seguito ai miracoli avvenuti per la sua intercessione.
Nell'ultimo periodo di vita, Antonio mise per iscritto due cicli di "Sermoni", intitolati rispettivamente "Sermoni domenicali" e "Sermoni sui Santi", destinati ai predicatori e agli insegnanti degli studi teologici dell'Ordine francescano. In questi Sermoni egli commenta i testi della Scrittura presentati dalla Liturgia, utilizzando l'interpretazione patristico-medievale dei quattro sensi, quello letterale o storico, quello allegorico o cristologico, quello tropologico o morale, e quello anagogico, che orienta verso la vita eterna. Oggi si riscopre che questi sensi sono dimensioni dell'unico senso della Sacra Scrittura e che è giusto interpretare la Sacra Scrittura cercando le quattro dimensioni della sua parola. Questi Sermoni di sant'Antonio sono testi teologico-omiletici, che riecheggiano la predicazione viva, in cui Antonio propone un vero e proprio itinerario di vita cristiana. È tanta la ricchezza di insegnamenti spirituali contenuta nei "Sermoni", che il Venerabile Papa Pio xii, nel 1946, proclamò Antonio Dottore della Chiesa, attribuendogli il titolo di "Dottore evangelico", perché da tali scritti emerge la freschezza e la bellezza del Vangelo; ancora oggi li possiamo leggere con grande profitto spirituale.
In questi Sermoni sant'Antonio parla della preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l'uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l'anima in orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un'atmosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell'anima, creando il silenzio nell'anima stessa. Secondo l'insegnamento di questo insigne Dottore francescano, la preghiera è articolata in quattro atteggiamenti, indispensabili, che, nel latino di Antonio, sono definiti così: obsecratio, oratio, postulatio, gratiarum actio. Potremmo tradurli nel modo seguente: aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio; questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere una parola, ma aprire il cuore alla presenza di Dio; poi colloquiare affettuosamente con Lui, vedendolo presente con me; e poi - cosa molto naturale - presentargli i nostri bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo.
In questo insegnamento di sant'Antonio sulla preghiera cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana, di cui egli è stato l'iniziatore, cioè il ruolo assegnato all'amore divino, che entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è anche la sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza. Infatti, amando, conosciamo.
Scrive ancora Antonio: "La carità è l'anima della fede, la rende viva; senza l'amore, la fede muore" (Sermones Dominicales et Festivi ii, Messaggero, Padova 1979, p. 37).
Soltanto un'anima che prega può compiere progressi nella vita spirituale: è questo l'oggetto privilegiato della predicazione di sant'Antonio. Egli conosce bene i difetti della natura umana, la nostra tendenza a cadere nel peccato, per cui esorta continuamente a combattere l'inclinazione all'avidità, all'orgoglio, all'impurità, e a praticare invece le virtù della povertà e della generosità, dell'umiltà e dell'obbedienza, della castità e della purezza. Agli inizi del XIII secolo, nel contesto della rinascita delle città e del fiorire del commercio, cresceva il numero di persone insensibili alle necessità dei poveri. Per tale motivo, Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo. "O ricchi - così egli esorta - fatevi amici... i poveri, accoglieteli nelle vostre case: saranno poi essi, i poveri, ad accogliervi negli eterni tabernacoli, dove c'è la bellezza della pace, la fiducia della sicurezza, e l'opulenta quiete dell'eterna sazietà" (Ibid., p. 29).
Non è forse questo, cari amici, un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi finanziaria e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in veritate ricordo: "L'economia ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento, non di un'etica qualsiasi, bensì di un'etica amica della persona" (n. 45).
Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell'azione e della predicazione. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo. Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell'umanità del Signore, l'uomo Gesù, in modo particolare, il mistero della Natività, Dio che si è fatto Bambino, si è dato nelle nostre mani: un mistero che suscita sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina.
Da una parte la Natività, un punto centrale dell'amore di Cristo per l'umanità, ma anche la visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita. Scrive sant'Antonio: "Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì potrai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore... In nessun altro luogo l'uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce" (Sermones Dominicales et Festivi iii, pp. 213-214).
Meditando queste parole possiamo capire meglio l'importanza dell'immagine del Crocifisso per la nostra cultura, per il nostro umanesimo nato dalla fede cristiana. Proprio guardando il Crocifisso vediamo, come dice sant'Antonio, quanto grande è la dignità umana e il valore dell'uomo. In nessun altro punto si può capire quanto valga l'uomo, proprio perché Dio ci rende così importanti, ci vede così importanti, da essere, per Lui, degni della sua sofferenza; così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana.
Cari amici, possa Antonio di Padova, tanto venerato dai fedeli, intercedere per la Chiesa intera, e soprattutto per coloro che si dedicano alla predicazione; preghiamo il Signore affinché ci aiuti ad imparare un poco di questa arte da sant'Antonio. I predicatori, traendo ispirazione dal suo esempio, abbiano cura di unire solida e sana dottrina, pietà sincera e fervorosa, incisività nella comunicazione. In quest'anno sacerdotale, preghiamo perché i sacerdoti e i diaconi svolgano con sollecitudine questo ministero di annuncio e di attualizzazione della Parola di Dio ai fedeli, soprattutto attraverso le omelie liturgiche. Siano esse una presentazione efficace dell'eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio raccomandava: "Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addolcisci le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente" (Sermones Dominicales et Festivi III, p. 59).
 da L'Osservatore Romano - 11 febbraio 2010

QUANDO CARLO CAMPANINI NELLA CHIESA DI S. ANTONIO AL LATERANO INCONTRO' PADRE PIO ... storia di una bilocazione del santo cappuccino raccontata dall'attore che lavorò con Walter Chiari


         "Hanno visto Padre Pio in una chiesa di Roma... ", con queste parole inizia un articolo di Nazzareno D'Errico, pubblicato dal settimanale Miracoli, circostanziando: "Quando era in vita, il frate, non si mosse mai dal convento di San Giovanni Rotondo".
E invece, per Giubileo della Misericordia, Padre Pio a Roma c'è arrivato davvero! Accolto da più di 500.000 fedeli, dal Papa e dalla Curia, come a conferma di quanto il santo cappuccino aveva predetto "farò più rumore da morto".
Eppure Padre Pio non è la prima volta che è stato visto a Roma, se è vero - continua Nazzareno D'Errico - "tanti devoti, invece, hanno testimoniato di averlo incontrato nei luoghi più disparati". Uno di questi è un confessionale della Basilica di S. Antonio al Laterano, dove è stato incontrato in bilocazione da un celebre attore degli anni '50-'60 Carlo Campanini, che molti ricorderanno anche per esser stato "spalla" a tanti scheck di Totò e soprattutto Walter Chiari.
Ringraziando l'autore e l'editore di averci fatto conoscere questa vicenda, vi lasciamo alla lettura dell'articolo completo - dove si riporta di un altra bilocazione di Padre Pio in San Pietro - riproponendoci di raccogliere la testimonianza della terziaria francescana Giulia Matino dell'OFS S. Antonio, che conobbe e fu sposata dal Santo cappuccino.

marco stocchi

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Le testimonianze di chi, a Roma si è imbattuto in un cappuccino "carismatico" capace di ascoltare e rispondere con parole sagge. Un attore in crisi, una donna ...

MA COSA CI FA P. PIO A S. PIETRO?
OVVIO E' LI PER LE CONFESSIONI!

Quando era in vita, il frate, non si mosse mai dal convento di San Giovanni Rotondo. Tanti devoti, invece, hanno testimoniato di averlo incontrato nei luoghi più disparati.
Ecco una testimonianza: "Un pomeriggio dell'estate del 1922 andai con una amica a visitare la Basilica di San pietro. Mentre camminavo sotto le grandi arcate, il desiderio di confidare a un sacerdote i miei dubbi si fece più forte. Mi rivolsi a un sacrestano, ma questi mi rispose che ormai era troppo tardi e che i sacerdoti erano andati tutti via. "Manca solo mezzora dalla chiusura!" aggiunse come fosse un invito a sbrigarci. Io e la mia amica continuammo a visitare la Basilica. Mentre osservavamo un monumento, vidi di fronte a me un frate cappuccino.


Confessionale in San Pietro con la
dicitura Ex Ordine Fratrum Minorum.
Mi avvicinai e gli chiesi se poteva ascoltarmi. Il frate ripose di sì ed entrò nel vicino confessionale.
Gli dissi subito che non avevo intenzione di confessarmi, ma volevo solo chiedere delle spiegazioni. Rimasi a lungo inginocchiata ad ascoltarlo. Le sue parole erano convincenti e precise. Mi sentii subito sollevata.
Il racconto prosegue. "Quando uscii dissi alla mia amica: "Come è dotto questo religioso. Aspettiamolo, voglio chiedergli dove risiede per tornare a parlare con lui". In quel momento arrivò il sacrestano e ci pregò di uscire perché doveva chiudere. "Aspettiamo il cappuccino che si trova in quel confessionale" dissi. "Deve uscire anche lui, altrimenti rischia di passare la notte qui dentro", aggiunse il sacrista. E nel dirlo si avvicinò al confessionale e alzò la tendina... Ma non c'era nessuno! "Se ne è andato" disse. Restammo incredule "Chissà da dove è uscito!".
Nell'estate dell'anno successivo sentii parlare per la prima volta di padre Padre Pio. Un sacerdote con le stimmate che viveva a San Giovanni Rotondo. Provai immensamente il desiderio di andare da lui. Insieme a una mia zia e ad alcune amiche organizammo il viaggio.
Al piccolo convento di San Giovanni Rotondo trovammo molta gente. C'erano anche diverse personalità. Il corridoio che dalla sacrestia portava alla clausura era gremito. Riuscii a trovare un posto in prima fila. Passando, dre Pio si fermò davanti a me. Mi guardo negli occhi e sorridendo mi disse: "Giovanna, io ti conosco. Tu sei nata il giorno in cui morì tuo padre...". La testimone ha poi rivelato: "Quelle parole mi lasciarono sbalordita. Come faceva il Padre a essere a conoscenza di quella particolare circostanza della mia vita? Il mattina seguente andai a confessarmi.


Antonio Forgione (P. Pio)
al fronte della guerra 1915-18
Appena mi avvicinai, Padre Pio dopo avermi benedetta mi disse. "Figlia mia, finalmente sei venuta, Da tanti anni ti aspettavo". - "Padre, forse mi sta scambiando con un'altra persona", risposi. "No, non mi sbaglio. Anche tu mi conosci" aggiunse. "E' la prima volta che vengo a San Giovanni Rotondo" ribattei. E continuai: "Fino a pochi giomi fa non sapevo nemmeno che lei esistese".
 "L'anno scorso -  disse il Padre - in un pomeriggio di estate ti sei recata con un'amica nella Basilica di San Pietro in cerca di un sacerdote che potesse illuminare i tupi dubbi sulla fede. Hai incontrato un cappuccino e hai parlato con lui. Quel cappuccino ero io".

La ragazza, Giovanna, che ha raccontato la sua avventura era nata a Udine, tra le braccia di Padre Pio, durante la prima Guerra Mondiale.
È lo stesso frate a raccontarglielo: "Quando tu stavi per nascere, la Madonna mi portò ad Udine, nel tuo palazzo. Mi fece assistere alla morte di tuo padre e poi mi disse di prendermi cura di te. Mi sei stata affidata dalla Vergine e devo pensare alla sua anima".

La ragazza, divenuta poi religiosa con il nome di Suor Jacopa, non è la sola persona ad aver visto Padre Pio in una chiesa di Roma...

A S. ANTONIO AL LATERANO
L'ATTORE CAMPANINI MEDITO' IL SUICIDO, MA



Carlo Campanini e Padre Pio
Anche I'attore Carlo Campanini, famosa spalla di Walter Chiari in diversi sketch televisivi nei primi Anni '60, lo incontrò. Non nella basilica di San Pietro, ma in una chiesa di Via Merulana.
"Ero ricco e famoso, ma moralmente distrutto, vuoto, demoralizzato... Invidiavo quelli che avevàno il coraggio di togliersi la vita".
Non si tolse la vita, ma si sfogò a lungo, raccontando i suoi peccati, inginocchiato ai piedi di un frate. "Era la mattina del 6 gennaio 1956 e sentendomi il morale particolarmente a terra, entrai senza neppure avedermene nella chiesa di Sant'Antonio in Laterano, in via Merulana.
C'era molta gente e diversi stavano in fila davanti al confessionale. Si intravedeva un fate grosso e rubicondo. "Quello amala buona tavola più di me, non gli confesserei mai i miei peccati" pensai. In quel momento vidi un altro religioso che pregava dimnanzi a un Crocifisso. Era macilento, con il volto segnato dalla sofferenza. "Con quello mi confesserei anche io" pensai. In quell'istante il frate macilento si alzò, andò verso il confessionale e prese il posto di quello rubicondo. Ma la fila di chi attendeva era lunga assai. "Non posso aspettare" dissi e feci mossa di andarmene. Nello stesso istante il primo della fila mi offrì il suo posto:"Si accomodi, signore". Mi trovai inginocchiato in confessionale. Uscii dopo mezz,ora con il viso bagnato.. ".


Foto della basilica di S. Antonio, esterno ed interno.
La didascalia dice: "Anche qui il frate si faceva trovare in bilocazione
 dai devoti che avevano bisogno di una confessione.

Qualche settimana dopo salì a San Giovanni Rotondo per conoscere Padre Pio. Si inginocchiò per confessarsi: "Comincia dal 1936, gli ingiunse il frate". "Mi sono confessato nei giorni scorsi" protestò I'attore che effettivamente si era sgravato dei peccati più grossi confessandoli a un anonimo frate romano. "Ti ho detto di ricominciare dal 1936" ripetè Padre Pio. E aggiunse con voce severa: "Sei un vigliacco a vergognarti di raccontare i peccati mentre non ti sei vergognato di offendere Gesù". Quella confessione cambiò la sua vita. Al termine Padre pio lo abbraccio e lo baciò: "Chi credi che fosse quel frate che hai incontrato a Roma, nella Chiesa di Sant'Antonio, in via Merulana?". E regalò a Carlo Campanini un rosario raccomandandosi di recitarlo spesso. Accomiatandosi Padre Pio aggiunse: "Ti sarò sempre vicino".
Nazzareno D'Errico



Le spoglie di P. Pio in Piazza San Pietro nel feb. 2016, in occasione del Giubileo della Misericordia.
Foto: La Stampa


COSA VUOL DIRE: BILOCAZIONE

Per bilocazione s'intende: "Presenza contemporanea di un corpo in due distinti luoghi. Il corpo fisico piò essere presente solo in uno dei due posti, nell'altro è presente solo apparentemente, al modo di una visione intellettuale, immaginativa o corporea. E' dovuta all'azione diretta di Dio: Satana può produrla ricorrendo a raggi luminosi, vapori, sostanze materiali. Non si hanno prove di bilocazione naturale. I pretesi casi di bilocazione potrebbero essere dovuti a telepatia o illusione ottica.
Si è verificata con Francesco d'Assisi, Antobio da Padova, Giuseppe da Copertino, Pietro Alcantara, Alfonso de'Liguori, Paolo della Croce, Pio da Pietralcina.

P. Schiavone in La Mistica parola per parola, a cura di Luigi Borriello, Maria Rosaria Del Genio, Tomas Spidlik, Ancora, Milano 2007.




Carlo Campanini e Padre Pio
Carlo Campanini nacque il 5 ottobre 1906. Attore comico apprezzato ed applaudito negli ambienti del cinema e del teatro, approdò a San Giovanni Rotondo nel 1939. Quando vide Padre Pio venire verso di lui, gli sembrò di trovarsi di fronte ad un gigante e si prostrò ai suoi piedi. Dopo aver ricevuto l'assoluzione, andò nel orto del convento a piangere. Da quel giorno tornò spesso per confessarsi e per partecipare alla sua messa. Prima di iniziare la sua giornata di lavoro, ascoltava la santa messa e recitava per intero il rosario.
Aderiva a tutti gli inviti dei Gruppi di preghiera per parlare delle esperienze vissute accanto a Padre Pio. Era felice quando accompagnava dal Padre i suoi colleghi. Chiese di essere seppellito a San Giovanni Rotondo per essere vicinissimo a Padre Pio anche dopo la morte. Morì il 20 novembre 1984.

Fonte: La Voce di Padre Pio


Walter Chiari e Carlo Campanini
NEL WEB: INTERVISTA AL FIGLIO
BENVENUTO CAMPANINI

Carlo Campanini è stato uno dei protagonisti dell’avanspettacolo, della cinematografia italiana e della tv tra gli anni '40 e '70. Indimenticabile spalla di Walter Chiari, Carlo Campanini rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per tanti giovani comici.

Soprannominato il “sacrestano di Padre Pio” per la sua grande devozione al Santo di Pietrelcina, è sepolto nel cimitero di San Giovanni Rotondo, dove ogni anno, suo figlio Benvenuto, si reca per pregare. Con lui abbiamo ricordato la figura e la fede di questo grande attore: TeleRadioPadrePio



10 Marzo 2016 / presentazione all'"Antonianum" del volume IL LULLISMO IN ITALIA: ITINERARIO STORICO-CRITICO a cura di Marta M.M. Romano / XV incontro del Centro Italiano di Lullismo

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Facoltà di Teologia
Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani
Pontificia Università Antonianum
Via Merulana, 124 - Roma



XV INCONTRO
CENTRO ITALIANO DI LULLISMO (E. W. PLATZECK)



Giovedì 10 Marzo 2016


PROGRAMMA

Ore 15.30
Saluti e introduzione

Presentazione del volume
Il Lullismo in Italia: itinerario storico-critico
a cura di Marta M.M. Romano
Ed. Officina di Studi Medievali - Antonianum, Palermo - Roma 2015


Interventi

Monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede

Professor Maurizio Cambi
Università degli Studi di Salerno


info: Antonianum.eu
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Roma 18-20 febbraio 2016 - FESTA DEI BEATI FRANCESCO E GIACINTA MARTO PASTORELLI DI FATIMA alla Basilica di S. Antonio al Laterano - programma



BASILICA DI S. ANTONIO DI PADOVA AL LATERANO
Via Merulana 124, Roma

Anno Santo della Misericordia

La Pontificia Accademia Mariana Internazionale e il Movimento Mariano Messaggio di fatima in Italia - Servizio Coordinamento Missioni Mariane, promuovono tre giorni di preghiera, nei giorni della "Memoria" liturgica dei beati Francesco e Giacinta Marto, il 20 febbraio, nel Centenario delle apparizioni dell'Angelo della Pace ai tre pastorelli di Fatima.

                                 18 - 20 FEBBRAIO
                                      Programma

   


GIOVEDI' 18


ore 16,30
- Accoglienza dell'Immagine della Madonna di Fatima
                    e dei Beati Pastorelli con le Sacre Reliquie

ore 16,45
- Adorazione eucaristica
                   Catechesi su Francesco Marto

ore 18,00 - S. Messa
                  Bacio delle Sacre Reliquie


VENERDI' 19


ore 7,00 - S. Messa
ore 8,00 -
S. Messa
ore 9,00 -
S. Messa

ore 11,30 - Recita del Santo Rosario

ore 12,00 - Angelus

ore 16,45 - Via Crucis

ore 17,30 - Catechesi su Giacinta Marto


ore 18,00 - S. Messa
                   Bacio delle Sacre Reliquie


SABATO 20


ore 7,00 - S. Messa
ore 8,00 -
S. Messa
ore 9,00 -
S. Messa

ore 11,30 -
Recita del Santo Rosario

ore 12,00 - Angelus

ore 16,45 - Via Crucis

ore 17,30 - Catechesi
sul tema "Chiamati alla Santità"

ore 18,00 - Concelebrazione eucaristica
presieduta da S.E. Mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma
Al termine
Supplica ai Beati Pastorelli, 
saluto e partenza
"SIANO FRANCESCO E GIACINTA UNA LUCE AMICA CHE ILLUMINA IL NOSTRO CAMMINO, IN PARTICOLARE QUELLO DEI BAMBINI E DEI GIOVANI".

                                                                                       Giovanni Paolo II



QUANDO IL TERZIARIO FRANCESCANO ANTONELLO DA MESSINA COPIO' LA SANTA CLARISSA SMERALDA



La clarissa messinese S. Eustochia Smeralda Calafato fondò il Monastero di Montevergine
nel quale si seguiva la primitiva regola di S. Chiara, invece di quella approvata da papa Urbano IV. 



Secondo alcuni studiosi l'"Annunciata di Palermo" il celebre quadro
del pittore
e terziario francescano Antonello da Messina
ha avuto come modella la mistica messinese  S. Eustochia Smeralda Calafato.

Che Antonello l'avrebbe avuta a modello per l'Annunciata di Palermo
lo attesterebbe il colore del velo che rimanda all'abito delle clarisse
e il libro cui sottende il gesto della mano destra,
raffigurerebbe uno dei più antichi codici della Regola,
tutt'ora conservato nel monastero messinese.



(...) "Le ipotesi riprendono e integrano quelle elaborate dallo storico messinese Giuseppe Miligi ... nel capitolo intitolato significativamente «Il pittore e la clarissa» del suo volume Francescanesimo al femminile osserva come Antonello – nato nel 1430 – e Eustochia – nata nel 1434 – siano i personaggi di maggior rilievo espressi nel XV secolo da Messina; città rinascimentale che, come osserva acutamente in una recente monografia lo storico Salvatore Bottari, si stagliava sul Mediterraneo come una metropoli mercantile dalla grande vitalità culturale e religiosa. Antonello non poteva non conoscere il ruolo e l’attività svolta da Smeralda-Eustochia, sua vicina e coetanea, la cui fama stava sviluppandosi velocemente.

Il piccolo Antonellus iniziava la sua attività di apprendista proprio a ridosso della «contrada dei setaioli», dove Eustochia Smeralda trascorse la sua infanzia e la prima adolescenza. Antonello degli Antoni era nato nella vicina contrada Sicofanti, adiacente a quella che veniva definita la via dei Monasteri, e aveva la casa-bottega poco distante sia dal monastero dell’Accomandata – sito nell’ex ospedale della Santa Ascensione, dove Eustochia Calafato nel 1458 fondò il primo monastero del Sud Italia sotto la regola di santa Chiara –, sia da quello di Montevergine, fondato dalla futura santa nel 1464.

Segni di una vicinanza che non era solamente geografica ma anche di visione religiosa. Sia Antonello che Eustochia, infatti, erano ferventi francescani, entrambi aderenti alla linea degli Osservanti dai tratti spirituali e ascetici che contrastava polemicamente coi Conventuali.

Non a caso Antonello, terziario francescano, ardente cristiano molto legato a uno spiritualismo puro, per sottolineare la sua aderenza ai principi di povertà e umiltà, chiese nel testamento del 14 febbraio 1479 di essere seppellito con abito dei Minori Osservanti nel  «convento Sanctae Mariae Jhesu cum habitu dicti convectus». Il convento di Santa Maria di Gesù a Ritiro, da tempo al centro del mistero sulla localizzazione della «tomba di Antonello» ...".
                                                                                                  Sergio Di Giacomo


di Sergio Di Giacomo è pubblicato da Avvenire on line


A destra autoritratto di Antonello da Messina e a sinistra L'Annunziata conservata
nel Museo di Palermo che avrebbe preso a modello la clarissa Eustochia Calafato.
Antonello era terziario francescano come la beata Mascalda Romano-Colonna
che sposò Calafato, padre della mistica clarissa Eustochia:
si può affermare che a Messina nel '400 vi fu una generazione straordinaria
di frati, clarisse e francescani secolari.



Antonello da Messina terziario francescano

Di Antonello da Messina terziario francescano si parla anche in


1 – L’ordine del francescani osservanti, nella vita di Antonello da Messina

La lettura integrale dell'articolo ci permette di  conoscere i frangenti storici e religiosi di Messina nel '400, nei quali maturò la sua vocazione francescana, e nello stesso momento ci mostra la vitalità dell'Ordine Francescano Secolare nella vita politica e sociale del tempo.

1 – L’ordine del francescani osservanti, nella vita di Antonello da Messina
2 – Quasi per volontà Divina
3 – Antonello da Messina

Sicuramente Antonello da Messina, conosceva anche la terziaria francescana Mascalda Romano-Colonna, sposa Calafato, madre di Santa Eustochia Smeralda, che educò e sostenne, con altri cittadini, la figlia e alcune sue compagne nella fondazione del nuovo monastero di Montevergine, che avrebbe seguito la Regola di S. Chiara approvata da papa Innocenzo IV nel 1253, invece di quella approvata da Papa Urbano nel 1263. Non solo, ma ad un certo punto, seguì la figlia nel monastero, dove è ricordata come la beata clarissa madre.
Una nuova fondazione, questa a Messina, che trovò l'appoggio del beato Matteo d'Agrigento, amico di S. Bernardino da Siena, che portò in Sicilia quella ventata di rinnovamento dell'Ordine francescano che fu l'Osservanza.
Si può affermare che a Messina vi fu una generazione straordinaria di frati, clarisse e francescani secolari.




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MASCALDA ROMANO COLONNA

LA BEATA CLARISSA MADRE



Nell'articolo si ripercorrono i frangenti storici, religiosi e spirituali della città di Messina del '400, all'arrivo del Beato Matteo di Agrigento, punta di diamante dei primi Frati Minori dell'Osservanza in Sicilia.
Dell'apertura del convento di Montevergine e della scoperta di uno dei più antichi codici della primitiva Regola di Santa Chiara.
Di una terziaria francescana d'eccezione, la Beata Mascalda attiva protagonista del Rinascimento culturale e spirituale siciliano.