Chi dopo aver letto questo dossier volesse partecipare al prossimo incontro, mi contatti che farò da ponte (cell. marco stochi, ofs s. Antonio, Roma - cell. 347-7721328) ad esaudire questo santo desiderio.
RICORDO DI FRANZISKA JAEGERSTAETTER
Quest'anno - 70mo dalla morte di Franz Jaegerstaetter - l'incontro d'agosto è stato il primo nel qual non è stata presente Franziska, sua moglie, morta all'età di 100 anni lo scorso marzo: il primo post di questo dossier è dedicato a Lei, con il riproporre un articolo che Marco Di Bla ha pubblicato su Messaggero Veneto nella rubrica "Austria vicina".
Franziska Jägerstätter nel 2007, durante la Beatificazione di Franz nella Cattedrale di Linz |
Lo era stata negli anni del dopoguerra, quando si era trovata sola a dover provvedere a sé e alle tre figlie, in un’Austria ostile, che non perdonava a chi, come suo marito, era considerato un traditore per non aver fatto il suo dovere di soldato, e non provava alcun sentimento di solidale pietà per la donna che gli era stata accanto.
Lo è stata nei lunghi anni della sua vedovanza, nei quali ha mantenuta accesa la fiaccola degli ideali per cui Franz aveva immolato la sua vita.
La notizia della sua morte è stata data ieri dal vescovo di Linz, Ludwig Schwarz, che ha reso omaggio alla defunta, definendola “una grande cristiana e un grande esempio nella fede”.
“È straordinario – ha detto il presule – che ci siano state date in dono dal beato Franz Jägerstätter la moglie, le figlie e una famiglia, attraverso le quali la sua testimonianza è continuata a vivere”.
Franziska Jägerstätter nel corso della sua lunga vita era stata insignita di molte onorificenze, tra cui la medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica austriaca e il titolo papale “Pro Ecclesia et Pontefice”.
Di lei si sono occupati molti scrittori, traendo spunto
dalla sua vita per lavori teatrali, il più recente dei quali, scritto da
Felix Mitterer, andrà in scena il 20 giugno a Vienna, nel teatro della
Josefstadt.
Franz Jägerstätter era un contadino che prestava anche servizio di sagrestano nella chiesa di St. Radegund, piccolo villaggio dell’Alta Austria, nel mandamento di Braunau (patria di Hitler). Quando ricevette la cartolina precetto, dichiarò di non poter usare le armi per ragioni di coscienza. Così fu processato e impiccato.
La moglie Franziska condivise la sua scelta e gli rimase accanto fino all’ultimo, pur sapendo che in questo modo sarebbe rimasta sola con le tre figlie da tirar su e che come vedova di un “Wehrkraftzersetzer” sarebbe stata messa al bando dalla gente del paese.
Per chi vive in Italia è difficile comprendere la ferocia con cui la società austriaca ha trattato chiunque non si fosse allineato al regime hitleriano e alla sua guerra. Ci sono partigiani che ancor oggi non percepiscono alcuna pensione di guerra, perché non osano richiederla, pur avendone il diritto, per non incorrere nel disprezzo che i compaesani provano nei confronti di chi ha combattuto “dall’altra parte”, tradendo i “veri patrioti” alla Waldheim. Basti dire che la proposta di erigere un monumento in memoria di Jägerstätter è sempre stata unanimemente respinta da tutte le forze politiche locali, socialdemocratici compresi, perché considerata “un oltraggio ai reduci di guerra e ai caduti”.
Le onorificenze e i riconoscimenti a Franziska sono giunti in questi ultimi anni. Lo stesso processo di beatificazione del marito è stato avviato soltanto nel 1997 e dieci anni dopo, il 26 ottobre, nel giorno della festa nazionale austriaca, Franz è stato proclamato beato nel duomo di Linz. Alla cerimonia era presente anche la vedova, che l’anno successivo è stata ricevuta in visita privata a Roma da papa Benedetto XVI. Era la seconda volta nella sua vita che faceva un viaggio così lungo fino alla capitale italiana. La prima volta era stata con suo marito, nel 1936, in viaggio di nozze. Avevano scelto Roma non per ragioni turistiche, ma di fede. Volevano pregare sulla tomba di Pietro.
Franz Jägerstätter era un contadino che prestava anche servizio di sagrestano nella chiesa di St. Radegund, piccolo villaggio dell’Alta Austria, nel mandamento di Braunau (patria di Hitler). Quando ricevette la cartolina precetto, dichiarò di non poter usare le armi per ragioni di coscienza. Così fu processato e impiccato.
La moglie Franziska condivise la sua scelta e gli rimase accanto fino all’ultimo, pur sapendo che in questo modo sarebbe rimasta sola con le tre figlie da tirar su e che come vedova di un “Wehrkraftzersetzer” sarebbe stata messa al bando dalla gente del paese.
Per chi vive in Italia è difficile comprendere la ferocia con cui la società austriaca ha trattato chiunque non si fosse allineato al regime hitleriano e alla sua guerra. Ci sono partigiani che ancor oggi non percepiscono alcuna pensione di guerra, perché non osano richiederla, pur avendone il diritto, per non incorrere nel disprezzo che i compaesani provano nei confronti di chi ha combattuto “dall’altra parte”, tradendo i “veri patrioti” alla Waldheim. Basti dire che la proposta di erigere un monumento in memoria di Jägerstätter è sempre stata unanimemente respinta da tutte le forze politiche locali, socialdemocratici compresi, perché considerata “un oltraggio ai reduci di guerra e ai caduti”.
Le onorificenze e i riconoscimenti a Franziska sono giunti in questi ultimi anni. Lo stesso processo di beatificazione del marito è stato avviato soltanto nel 1997 e dieci anni dopo, il 26 ottobre, nel giorno della festa nazionale austriaca, Franz è stato proclamato beato nel duomo di Linz. Alla cerimonia era presente anche la vedova, che l’anno successivo è stata ricevuta in visita privata a Roma da papa Benedetto XVI. Era la seconda volta nella sua vita che faceva un viaggio così lungo fino alla capitale italiana. La prima volta era stata con suo marito, nel 1936, in viaggio di nozze. Avevano scelto Roma non per ragioni turistiche, ma di fede. Volevano pregare sulla tomba di Pietro.