Per quanto concerne l’aspetto religioso, in questo
giorno la Chiesa celebra la solennità dell’Epifania, cioè della “manifestazione” di Gesù sulla terra.
Nei primi
versetti del secondo capitolo del Vangelo di Matteo si legge: “Quando Gesù,
ai tempi di Erode, nacque a Betlemme, una cittadina della Galilea, alcuni magi
giunsero a Gerusalemme dall’Oriente. essi chiedevano: “Dov’è nato il Re dei
Giudei? Noi abbiamo visto una stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo”.
Nella tradizione popolare, per la festività
dell’Epifania, emerge il tipico personaggio della Befana: trattasi di una
vecchietta che nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, come si racconta ai bambini
visita le case, scendendo per la cappa del camino, a portare dei doni per i bambini buoni e pezzi di carbone per gli
altri.
Seguendo ancora
la narrazione dell’Evangelista, emerge che Erode informato- si dai grandi
sacerdoti e dagli scribi del popolo che il Cristo sarebbe nato a Betlemme,
chiamò segretamente i magi dicendo loro che andassero a cercare il bambino a
Betlemme e una volta trovatolo lo facessero sapere a lui perché anch’egli
sarebbe andato a rendergli omaggio(!).
Dopo aver
ascoltato il re, i magi se ne andarono ed ecco apparire loro la stessa stella
che avevano visto in Oriente, suscitando nel loro cuore grande gioia. Tale stella
“li precedeva fino a quando giunta sul posto dov’era nato il bambino, si
fermò”. I magi, entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre e
prostratisi lo adorarono. Aprendo, poi, i loro scrigni, gli offrirono oro,
incenso e mirra.
Il racconto
dell’evangelista Luca non si parla dei magi, ma dei pastori, quali si recano a
Betlemme perché un angelo è apparso loro dicendo che nella città di Davide è
nato il Cristo salvatore. Pertanto confrontando i due racconti, è facile
rilevare che la stella apparsa ai magi ha lo stesso compito dell’angelo apparso
ai pastori. Ciò sta significando che non soltanto la gente povera e semplice è
dal Cielo invitata all’incontro con il Signore, ma anche i magi che non erano
‘maghi’ ma i sapienti dell’epoca che, come riferiscono alcuni studiosi, da
secoli formavano una casta di saggi e astrologi alla corte dei re orientali.
I magi, dunque,
offrirono al divino bambino oro incenso e mirra. Ebbene anche noi cristiani,
come ci esorta J. Escrivà nella sua opera “E’ Gesù che passa”, diamogli “l’oro
puro” dello spirito di distacco dal denaro e dai mezzi materiali, cose che pure
sono buone, perché vengono da Dio, ma il Signore ha disposto che le
utilizzassimo senza lasciarvi il cuore, mettendole a frutto per il bene
comune”.
Anche noi
offriamo a Gesù l’incenso simboleggiante “la presenza del Messia”;
quell’incenso che, come sottolinea il citato autore, “promana da un carbone
acceso che brucia una
manciata di granelli, spargendo il buon “odor Christi” in mezzo agli uomini”.
Anche noi,
insieme ai magi (ai quali soltanto verso il sesto secolo furono attribuiti in
nome di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre) offriamo a Gesù la mirra “perché Dio
incarnato prenderà su di sé le nostre miserie, si farà carico dei nostri
Dolori”.
Sempre in
riferimento ai doni dell’oro, dell’incenso e della mirra, nelle Lodi della
liturgia delle Ore si recita tra l’altro: “O simboli profetici – di segreta
grandezza – che svelano alle genti – una triplice gloria! – Oro e incenso
proclamano – il Re e Dio immortale; - la mirra annuncia l’Uomo deposto dalla
Croce”.
Concludendo: “A
te sia lode, o Cristo – nato da Maria Vergine, - al Padre e allo Spirito Santo
– nei secoli. Amen”.
Elvio
Pettinella, ofs