CAMMINANDO NEL VANGELO / VI DOMENICA DI PASQUA - ANNO C nel commento di Adelaide Rossi, ofs

6^ Domenica  di  Pasqua  (Gv.14, 23-29)

In chi mette in pratica la parola di Dio vengono ad abitare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Di conseguenza i discepoli di Gesù non devono lasciarsi prendere dall’ansia. Devono avere il cuore colmo della pace del Signore.

“Vi lascio la pace vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”. Di quale pace parla Gesù in questo brano evangelico?
Non della pace esterna consistente nell’assenza di guerre e conflitti tra persone o nazioni diverse. In altre occasioni egli parla anche di questa pace; per esempio quando dice: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”. Qui parla di un’altra pace, quell’interiore, del cuore, della persona con se stessa e con Dio. Lo si capisce con quello che aggiunge subito appresso: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. Questa è la pace fondamentale, senza la quale non esiste nessuna altra pace. Miliardi di gocce di acqua sporca non fanno un mare pulito e miliardi di cuori inquieti non fanno un’umanità in pace.
La parola usata da Gesù è shalom. Con essa gli ebrei si salutavano, e tuttora si salutano, con essa salutò lui stesso i discepoli la sera di Pasqua e con essa ordina di salutare la gente: “In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa” (Lc. 10, 5-6).
Dobbiamo partire dalla Bibbia per capire il senso della pace che dona Cristo. Nella Bibbia shalom dice più che la semplice assenza di guerre e di disordini. Indica positivamente benessere, riposo, sicurezza, successo, gloria. La Scrittura parla addirittura della “pace di Dio” (Filippesi 4,7) e del “Dio della pace” (Romani 15,32). Pace non indica dunque solo ciò che Dio ma anche ciò che Dio è.
Questo ci dice che quella pace del cuore che tutti desideriamo non si può ottenere mai totalmente e stabilmente senza Dio. Dante Alighieri ha sintetizzato tutto ciò in quel verso che alcuni considerano il più bello della Divina Commedia: “E’n la sua voluntate è nostra pace”.
Gesù fa capire cosa si oppone a questa pace: il turbamento, l’ansia, la paura: “Non sia turbato il vostro cuore”. Facile a dirsi!, obbietterà qualcuno. Come placare l’ansia, l’inquietudine,il nervosismo che ci divora tutti e ci impedisce di godere un po’ di pace? Alcuni sono per temperamento più esposti di altri a queste cose. Se c’è un pericolo lo ingigantiscono, se c’è una difficoltà la moltiplicano per cento. Tutto diventa motivo di ansia.
Il Vangelo non promette un toccasana per questi mali; in certa misura essi fanno parte della nostra condizione umana, esposti come siamo a forze e minacce tanto più grandi di noi. Però un rimedio lo indica. Il capitolo da cui è tratto il brano evangelico di oggi comincia così: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv. 14, 1). Il rimedio è la fiducia in Dio.

Adesso sappiamo cosa ci auguriamo a vicenda, quando stringendoci la mano, ci scambiamo, nella Messa, l’augurio della pace. Ci auguriamo l’un l’altro benessere, salute, buoni rapporti con Dio, con se stessi e con il prossimo. Insomma di aver il cuore ricolmo della “pace di Cristo che sorpassa ogni intelligenza” (Filippesi 4, 7).
Adelaide Rossi, ofs