III domenica di Quaresima - Giovanni 2,13-25 - Commento di Adelaide Rossi



3ª DI QUARESIMA                 
Es 20,1-17; Sal 18 (19); 1 Cor 1,22-25; Gv 2,13-25

S. Giovanni di Dio, religioso, fondatore

8
DOMENICA
LO 3ª set

Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere.
R Signore, tu hai parole di vita eterna.



Gv. 2, 13-25

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.   FF : 3165
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.


Gesù non tollera tutto quanto sta intorno al tempio e che sa non di adorazione, ma di commercio, di venalità, di esteriorismo, che soffoca la dedizione del cuore. Il suo gesto prefigura la dissoluzione del tempio di pietra e l’edificazione di un altro tempio, che è lui stesso, la sua Persona, il suo corpo che, se distrutto nella passione e nella morte, il terzo giorno sarebbe risorto.

Il tema del Vangelo di questa domenica è il tempio. Gesù scacciando dal vecchio tempio mercanti e mercanzie, presenta se stesso come il nuovo tempio di Dio che gli uomini distruggeranno, ma che Dio farà risorgere in tre giorni.
Nella prima lettura di oggi si parla dei dieci comandamenti. L’uomo moderno spesso li scambia per divieti arbitrari di Dio, per limiti posti alla sua libertà. Ma i comandamenti di Dio sono una manifestazione del suo amore e della sua sollecitudine paterna per l’uomo. “Io ti comando di osservare i comandamenti perché tu viva e sia felice” (Deuteronimio 6,3; 30, 15 s). 
Gesù ha riassunto tutti i comandamenti, anzi tutta la Bibbia, in un unico comandamento, quello dell’amore per Dio e per il prossimo. Aveva ragione sant’Agostino nel dire: “Ama e fa ciò che vuoi”. Perché se uno ama davvero, tutto quello che farà, sarà a fin di bene. Anche se rimprovera e corregge, sarà per amore, per il bene dell’altro.
I dieci comandamenti vanno però osservati congiuntamente; neanche uno solo di loro può essere violato. E a questo scopo vorrei attirare l’attenzione in particolare su uno dei comandamenti che in alcuni ambienti è spesso trasgredito: “Non nominare il nome di Dio invano”. “Invano” significa senza rispetto o, peggio, con disprezzo, con ira, insomma bestemmiarlo. Alcuni usano la bestemmia come intercalare ai propri discorsi, senza tenere in nessun conto i sentimenti di chi ascolta.
Molti giovani, poi, specie se sono in compagnia, bestemmiano a ripetizione con l’evidente convinzione di impressionare, in questo modo, le ragazze presenti. Ma credere questo, vuol dire che si è ridotti proprio male. Spesso si impiega tanto zelo per convincere una persona cara a smettere di fumare, dicendo che il fumo danneggia la salute, perché non fare altrettanto per convincerla a non bestemmiare più? Oppure a non fargli commettere azioni che trasgrediscono il decalogo evangelico?

ALTRI SPUNTI DI RIFLESSIONE:

1) La Quaresima è la verifica del proprio impegno spirituale, non tanto su un modello di santo ma su Dio stesso. Il cristiano perciò ha un ideale infinito ed è per questo che non deve mai considerare la religione come una tassa pagata una tantum con un gesto di carità o con un atto liturgico.

2) Al centro della spiritualità cristiana c’è, come ci ricorda l’apostolo Paolo, il Cristo crocefisso, nostra sapienza e forza. La verifica quaresimale deve verificarsi sul vangelo come test ineliminabile.

3) L’ambito in cui verificare se stessi e in cui alimentare la propria spiritualità non è il culto in quanto tale, ma il tempio di carne, cioè la fede innervata nell’esistenza. Il senso cristiano del tempo e il mistero della redenzione nella storia danno valore all’impegno concreto e quotidiano della vita umana.

4) La verifica dell’esistenza cristiana ha un testo privilegiato nel Decalogo che la liturgia oggi ci fa meditare. Esso è un disegno perfetto dei nostri legami con Dio e con il prossimo.