Visualizzazione post con etichetta Testimoni: sdD Armida Barelli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Testimoni: sdD Armida Barelli. Mostra tutti i post

ARMIDA BARELLI, UN'ESPERIENZA DI MISTICA APOSTOLICA LAICALE / in biblioteca

acquisizioni

Armida Barelli, una mistica nel quotidiano


Pubblichiamo un'intervista concessa nel 2008 a Miriam Díez i Bosch all'agenzia stampa Zenit dalla prof.sa Del Genio.

ROMA, 13/6/2008 - Armida Barelli (1882 -1952), venerata come serva di Dio dalla Chiesa cattolica, era una “mistica nel quotidiano”.
A sostenerlo è Maria Rosaria del Genio, autrice di un nuovo libro sulla Barelli. Del Genio si dedica allo studio della storia della mistica ed è tra i curatori di un volume su questo tema pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana.

“Mi canta nell'anima l'amore del Signore” (Libreria Editrice Vaticana 2008, 256 pp., 13 euro) raccoglie l'itinerario vitale di questa donna italiana che fu nominata Vice Presidente generale dell’Azione Cattolica per un triennio da Papa Pio XII. Papa Benedetto XV la nominò invece Presidente Nazionale della Gioventù Femminile.

La Barelli, insieme con padre Agostino Gemelli, istituì un ‘pio sodalizio’ di laiche consacrate, che diverrà nel 1948 l' “Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo", e fu anche tra le persone che ispirarono la nascita dell'Università del Sacro Cuore di Milano.
La Barelli aiuta a superare la dicotomia azione-contemplazione. Qual è l'importanza per il mondo odierno di una donna attiva e allo stesso tempo considerata mistica?

Del Genio: Per capire la Barelli occorre tener conto di un concetto di mistica oggi abbastanza condiviso. La vita mistica è un dono ricevuto in germe nel battesimo di cui si prende coscienza o meno a seconda della disponibilità della persona ad essere aperta al dono della presenza di Dio nell’anima.
Esula dai fenomeni straordinari (visioni, stimmate, ecc.), che fino ad alcuni anni fa facevano dichiarare mistica una persona, e dall’esperienza mistica che è solo episodica nella vita spirituale e che può essere data o meno.
La vita mistica è la vita con Dio consapevolmente desiderata e accettata. Può essere più incentrata sull’azione o sulla contemplazione come stili di vita quotidiana, ma risulta fondata sull’amore che spinge all’azione e alla contemplazione.
L’apostolato mistico perciò si nutre dell’uno e dell’altro aspetto. La Madonna è il prototipo di questa vita mistica; ella svolge le faccende domestiche e conserva nel cuore, contemplando, le parole del Figlio suo.
Quando Gesù parla di Marta e Maria, rimprovera a Marta non il fare, ma l’agitarsi per molte cose. Forse l’equivoco è proprio qui: nell’agitarsi senza ‘godere’ di una presenza già viva a livello ontologico nell’uomo fatto a immagine di Dio.
Guardare alla Barelli significa cogliere che la sua azione alimentava i lunghi spazi di intimità con Dio ricercati e voluti e che questi spazi davano senso alla sua attività.
Oggi sembra che l’attività frenetica dei cristiani sia frutto più di un voler sentirsi “capace di…”, che non di essere strumento per l’espansione del Regno di Dio in una società che vorrebbe fare a meno di lui e cercarsi soluzioni più nella tecnica che nel progetto creaturale di Dio.

Armida diceva che non si angustiava più per nulla perché Dio pensava a ogni difficoltà. Come proporre oggi questo atteggiamento alle nuove generazioni?

Del Genio: L’affermazione della Barelli nasce da una grande umiltà, da quella umiltà vera che fa dire a Maria di Nazaret: “Grandi cose ha fatto in me il Signore”. Proporre questo atteggiamento alle nuove generazioni può sembrare anacronistico se si vive nella linea del ‘sentirsi capaci di…’, del volersi fare da soli, dal non riconoscersi figli di un Padre che non dà uno scorpione al figlio che chiede il pane.
Credo che oggi, invece, far riscoprire alle nuove generazioni che un Padre esiste e si prende cura di loro come dei gigli dei campi possa essere un grande servizio per far crescere nella speranza.
Questo non significa incitare all’aspettarsi tutto come miracolistico o pretendere, come se tutto fosse dovuto.
Non angustiarsi non significava per la Barelli non ‘darsi da fare’. Come cassiera dell’Università cattolica del Sacro Cuore doveva industriarsi per far quadrare i bilanci, ma non ricorreva a sotterfugi vari, bensì al Dio di Gesù Cristo che, come spesso notiamo nella vita dei santi, è anche provvidenza.

Qual è il femminismo della Barelli?

Del Genio: La Barelli vive in un periodo storico in cui la donna è dipendente dal maschio a tutti i livelli. Il movimento femminista laicista fa i primi passi nella società mondiale rivendicando diritti non sempre in linea con la dottrina sociale della Chiesa che, pure, con Leone XIII aveva fatto sentire la sua voce a favore delle donne.
La Barelli opera su due fronti: far cogliere alle donne, soprattutto giovani, il senso della loro dignità di figlie di Dio, quindi alimentando un’unione con lui fatta di fede e vita morale evangelica; e secondo spingendole ad assumere ruoli professionali e sociali di solito riservati solo agli uomini.
Vuole che le socie dell’associazione imparino a leggere e a scrivere, che abbiano un lavoro proprio, che assumano responsabilità sui luoghi di lavoro, che nella Chiesa siano propositive nella pastorale soprattutto parrocchiale e, al momento del voto (in Italia dopo la II Guerra Mondiale), partecipino attivamente alla vita politica e insegnino alle altre ad esercitare la loro maternità oltre i limiti imposti dalla propria famiglia, ponendosi al servizio dei poveri, degli analfabeti, di quanti erano lontani dalle parrocchie.
Le sue famose ‘Settimane della giovane’, che erano una specie di Giornata Mondiale della Gioventù a livello cittadino, coinvolgevano non solo le socie della Gioventù Femminile, ma famiglie e cittadini intorno ad un movimento che annunciava la Buona Novella del regno già presente, ma non sempre evidenziato in un contesto anche di anticlericalismo imperante.

Che significato ha lo Spirito comunitario nella sua vita?

Del Genio: La Barelli aveva, tra l’altro, il carisma del governo, come direbbe san Paolo.
Le sarebbe stato facile assumere il ruolo della ‘prima donna’ in tutto ciò che faceva ed era. Gli altri glielo riconoscevano anche, ma lei si poneva sempre come ‘sorella maggiore’. Sapeva cogliere le qualità di quanti la circondavano e li spronava ad utilizzarle.
Sul piano umano si potrebbe dire che le era facile e comodo confrontarsi con quanti ne sapevano più o meno di lei. Io penso, invece, che il suo atteggiamento comunitario non era da confondersi con un facile atteggiamento democratico. Nasceva dal suo rapporto con la Trinità di cui lei viveva lo stile. Perché era una mistica nel quotidiano, la vita di Dio impregnava il suo essere più profondo da cui scaturiva l’atteggiamento comunitario.
La dinamica trinitaria, malgrado i limiti personali propri che anche lei mostrava, era il sottofondo del suo rapporto con gli altri anche quando si intestardiva su posizioni che erano oggettivamente personali, ma che lei sentiva come frutto di unione con Dio, come ad esempio quando volle che l’Università Cattolica fosse intitolata al Sacro Cuore contro il parere iniziale dello stesso Pontefice che si convinse a darle ragione solo quando la Barelli, quasi scusandosi, ricordò che il Sacro Cuore è la sede della Sapienza, quindi nessun titolo poteva essere più appropriato per un’Università cattolica.
Molte testimonianze per il processo di canonizzazione sottolineano il suo essere sempre disponibile al confronto e al dialogo, al lavorare insieme, al rinunciare alle sue idee quando si trattava di far crescere il regno di Dio nella storia.
Solo questo le interessava, perciò il card. T. Špidlík, nella presentazione al volume, può scrivere: «La ricchezza della sua vita interiore si tradisce negli improvvisi detti nelle conversazioni con gli altri», detti che «nati dall’ispirazione interiore servono ad ispirare la vita interiore degli altri».
Questo è il senso più profondo della sua vita comunitaria: far crescere la famiglia dei figli di Dio.

Roma, 1 giugno 2007 - Riconosciute le virtù eroiche della SERVA DI DIO ARMIDA BARELLI

ARMIDA BARELLI,
UNA TERZIARIA FRANCESCANA 
CHE HA SAPUTO LEGGERE “I SEGNI DEI TEMPI” 
NELL’OPERA D’EVANGELIZZAZIONE

 Frequentò la nostra fraternità nei periodi romani

Il 1 giugno 2007, Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza privata il card. José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. 

Nel corso dell’Udienza il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti: le virtù eroiche della Serva di Dio ARMIDA BARELLI, del Terz’Ordine Secolare di San Francesco e Co-fondatrice dell’ Istituto delle Missionarie della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo.
Nello stesso atto, tra l’altro, il Santo Padre ha autorizzato a promulgare un decreto riguardo un miracolo di Antonio Rosmini e il martirio del terziario francescano austriaco Franz Jaegestaetter - dei quali  abbiamo celebrato la Beatificazione.

Di seguito pubblichiamo una biografia di Armida Barelli tratta dalla “sezione testimoni” del Forum Internazionale di AC. Nello stesso Forum di Azione Cattolica dovrebbe presto comparire – sempre nella sezione “testimoni” - anche il ritratto biografico di Giuseppina Berrettoni, anch’essa iscritta all’Azione Cattolica.

”La venerabile Armida Barelli - nata il 1° dicembre 1882 a Milano - ci precede sulla via della santità con un esempio chiarissimo ed esigente - da oggi riconosciuto dalla Chiesa - di donna che ha vissuto la sua vocazione battesimale in pienezza, con una dedizione apostolica totale, con una profonda spiritualità francescana, con l’offerta di sé nel silenzio della malattia fino alla morte il giorno dell’Assunzione il 15 agosto 1952. La prima metà del secolo scorso l’ha vista protagonista nella Chiesa e nella società in Italia e nel mondo, in modo particolare per il contributo che ha dato alla promozione delle giovani donne, chiamate per la prima volta partecipare responsabilmente e attivamente in ogni ambito della loro vita: famiglia, parrocchia, diocesi, associazione, liturgia, lavoro, professione, cultura.
Il suo impegno ideale e concreto per la Gioventù Femminile di AC e per tutta l’ACI, per l’Università Cattolica del Sacro Cuore e per l’Istituto Secolare delle missionarie della Regalità, si estese all’ Opera della regalità per la formazione liturgica, al sostegno dell’ Istituto Benedetto XV in Cina e alla dimensione missionaria della Chiesa. La passione per l’evangelizzazione e per la testimonianza cristiana dei laici e delle donne nella società e nella Chiesa colloca la venerabile Armida Barelli tra quanti prepararono e anticiparono il Concilio Ecumenico Vaticano II”

NELL'AZIONE CATTOLICA, 
AMAVA DEFINIRSI 
UNA “SORELLA MAGGIORE”

Armida Barelli trascorse la giovinezza alla ricerca di un ideale che fosse la sua ragione di vita. Era attratta, in modo confuso, verso una vita di dedizione agli altri nello spirito degli insegnamenti evangelici. L’incontro con il francescano Agostino Gemelli, avvenuto l’11 febbraio 1910, ebbe un influsso decisivo per il suo orientamento spirituale; nello stesso anno entra nel Terz’Ordine francescano. Con padre Gemelli organizzò quella grande manifestazione di consacrazione al Sacro Cuore dei soldati italiani nella prima "grande guerra", che avvenne il 1° venerdì del gennaio 1917. L’iniziativa venne poi allargata agli eserciti alleati e alle popolazioni in Francia, Belgio e Inghilterra.
Nel 1917 il cardinale Andrea Ferrari, arcivescovo di Milano, la invitò ad occuparsi del "movimento femminile". Nascevano così i primi circoli della futura Gioventù femminile di Azione Cattolica, che nel settembre del 1918, per incarico di Papa Benedetto XV, furono fondati dalla Barelli in tutta Italia. Da quella data, incominciò per la Barelli il pellegrinaggio per l’Italia alla ricerca di giovani donne che aderissero al movimento di Azione Cattolica, di cui si definì la "sorella maggiore". Questo appellativo le rimase fin che visse: Armida Barelli fu la "sorella maggiore" per antonomasia di tutta la Gieffe d’Italia e con questo nome venne spontaneamente chiamata anche dalle persone che vivevano e lavoravano con lei. Rimarrà amatissima presidente della G.F. di A.C. fino al 1946.
Nel novembre del 1919, rispondendo all’invito di padre Gemelli, con un gruppo di undici terziarie francescane, diede vita ad Assisi – nel coretto di San Damiano – all’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo. Nel 1921 Padre Agostino Gemelli fondava l’Università Cattolica del S. Cuore: Armida Barelli ne fu co-fondatrice e cassiera. Nel 1929 nasceva l’Opera della Regalità, promossa e fondata da padre Agostino Gemelli. Anche a quest’opera, che si proponeva di diffondere la conoscenza della liturgia fra il popolo, la Barelli dedicò tutte le sue energie.
Durante il ventennio fascista, a capo della Gioventù Femminile, ebbe il merito di contenere "entro i recinti della chiesa cattolica gran parte delle masse femminili". La fine della guerra e l’estensione del voto alle donne segnano una nuova tappa per la Barelli che, su invito di Pio XII, si batté perché elettorato femminile costituisse un baluardo di fronte al comunismo e per la vittoria del partito democristiano nello storico confronto del 1948.
Per l’Università Cattolica, nelle vesti di membro del Consiglio d’Amministrazione, lavorò instancabilmente accanto a padre Gemelli, fino al 1949, quando una gravissima infermità le tolse la voce. Ma, in realtà continuò a prodigarsi per le istituzioni da lei fondate fino a poche ore dalla morte, avvenuta il 15 agosto 1952 a Marzio (Varese). Il suo corpo riposa nella Cripta dell’Università Cattolica del S. Cuore, a Milano.

* Fonte: Storia dell’Università Cattolica di Milano, s.i.d.

foto d'epoca del chiostro dell'Università Cattolica, Milano